10–14 Nov 2025
CNR, Area Territoriale della Ricerca di Palermo
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Organizzato dall'INAF IASF di Palermo e dal gruppo di ricerca AsCultA

Le Pleiadi nelle cosmologie del Sud e dialoghi educativi interculturali

13 Nov 2025, 15:30
30m
Chair: Paola Capponi

Chair: Paola Capponi

Etnoastronomia, Astronomia e Sociologia, Politica e Diritto Etnoastronomia, Astronomia e Sociologia, Politica e diritto

Speaker

Cristina Leite (USP and UNIBO)

Description

Le Pleiadi, costituiscono uno degli ammassi stellari più ricchi culturalmente e più ampiamente osservati del cielo notturno. La loro marcata visibilità e il movimento apparente durante l’anno hanno ispirato molteplici narrazioni e pratiche astronomiche tra diversi popoli e in differenti epoche.
Tra i Moqoit, le Pleiadi, conosciute come Lapilalaxachi, occupano un posto centrale nella cosmovisione e nei cicli naturali. La loro apparizione segna il periodo di nidificazione dei nandù e l’inizio della stagione di caccia, articolando pratiche di osservazione celeste, ritmi ecologici e rituali comunitari. L’astronomia si integra così in una comprensione ciclica della vita e del territorio.
Nella cultura Xhosa, le Pleiadi sono chiamate isiLimela e indicano il rinnovamento del ciclo annuale. Quando l’ammasso diventa visibile sull’orizzonte orientale al crepuscolo, nel mese di giugno, esso annuncia l’inizio delle piogge e la preparazione della terra per la semina. L’evento astronomico assume quindi un valore rituale, agricolo e sociale, simbolizzando il ricominciare e l’armonia con i cicli naturali.
Per i Gundungurra, popolo delle Blue Mountains, le Pleiadi rappresentano un gruppo di giovani sorelle trasformate in uccelli e poi in stelle. La narrazione include temi di persecuzione, fuga e ascensione al firmamento, riflettendo aspetti delle relazioni di genere e della vita sociale di questo popolo. La storia delle sorelle celesti esprime simbolicamente la connessione tra i mondi terreno e celeste e la permanenza della memoria ancestrale nel cielo.
Percorsi per decolonizzare il cielo
L’astronomia occidentale, lungo la sua storia, è stata guidata da narrazioni eurocentriche che hanno marginalizzato i saperi astronomici indigeni, africani e aborigeni. Decolonizzare il cielo significa mettere in discussione tali gerarchie epistemiche e promuovere il riconoscimento di razionalità multiple nella lettura del cosmo. La valorizzazione delle tradizioni astronomiche dei Moqoit, degli Xhosa e dei Gundungurra sfida la colonialità del sapere e il razzismo epistemico (Maldonado-Torres, 2008), contribuendo a una formazione scientifica pluralista e radicata ecologicamente.
Dare visibilità alle diverse narrazioni sulle Pleiadi nell’emisfero australe è, quindi, un atto di resistenza e di preservazione culturale . Queste storie esprimono modi plurali di comprendere l’universo e rivelano che il cielo è anche un territorio di dispute simboliche ed epistemologiche. Riconoscere tali cosmologie non è soltanto un gesto di valorizzazione culturale, ma un passo fondamentale nella costruzione di una scienza pluralista e decoloniale.
Narrazioni locali ed educazione all’astronomia
In ambito educativo, riconoscere la diversità delle letture del cielo è altrettanto essenziale. Narrazioni troppo distanti dalle realtà locali, come quelle spesso importate dagli emisferi nordici e occidentali, possono generare disinteresse e allontanare le persone dai propri cieli. L’insegnamento e l’apprendimento dell’astronomia devono articolarsi con l’ambiente circostante, con il paesaggio, con la cultura e con le coordinate geografiche che determinano ciò che si vede e si comprende della volta celeste. Le narrazioni, in questo senso, sono elementi centrali nella costruzione del sapere: esse connettono la conoscenza scientifica all’esperienza vissuta, rafforzando legami identitari e culturali con il territorio. Promuovere un’educazione al cielo situata e sensibile alle cosmologie del Sud rappresenta, pertanto, una parte fondamentale del processo di decolonizzazione dei saperi.

Author

Cristina Leite (USP and UNIBO)

Co-authors

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