IL CIELO COME STRUMENTO - SECONDO CONGRESSO NAZIONALE DI ASTRONOMIA CULTURALE

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Aula Cocchiara (CNR, Area Territoriale della Ricerca di Palermo)

Aula Cocchiara

CNR, Area Territoriale della Ricerca di Palermo

Via Ugo la Malfa, 153, 90146 Palermo PA
Angelo Adamo (Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF)), Alberto Cappi (Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF)), Paola Capponi, Antonino D'Ai' (Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF)), Melania Del Santo (Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF)), Natacha Fabbri (Università di Siena e Museo Galileo (Firenze)), Giangiacomo Gandolfi (Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF)), Paolo Molaro (Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF)), Andrea Orlando (Istituto di Archeoastronomia Siciliana), Matteo Vegetti (Università della Svizzera Italiana)
Description

Incoraggiati dal grande successo sortito dalla Prima Edizione, siamo lieti di annunciare il secondo appuntamento annuale del Congresso Nazionale di Astronomia Culturale, “Il Cielo come strumento”, che si svolgerà sempre a Palermo, presso l’Area Territoriale della Ricerca del CNR, dal 10 al 14 Novembre 2025.

Organizzato dall’INAF - IASF del capoluogo siciliano, dal gruppo di Ricerca AsCulta, e dal Parco Astronomico GAL-Hassin di Isnello, dove si svolgerà l'intera seconda giornata del congresso, l'evento ora aspira a consolidare il ruolo che si è dato di collante tra tutte le diverse realtà culturali che confluiscono nell’ambito di ricerca denominato Astronomia Culturale: un percorso di studi ecumenico cui afferiscono indagini storiche, archeologiche, antropologiche, sociologiche, politiche, giuridiche, filosofiche, teologiche ed estetiche che condividono il comune sfondo astronomico.

Ed è proprio in questo transitare da una dimensione prettamente scientifica dello studio del cielo a un’altra che non chiede di meglio che di ibridarsi con la sfera umanistica e artistica che risiede la natura più genuina dell’Astronomia Culturale: un ambito che questo congresso intende celebrare, sottolineandone la bellezza e, soprattutto, la fin troppo spesso sottaciuta necessità.

Nel razionale del precedente congresso si indicava come “obiettivo forse più ambizioso” riuscire a “curare una misconcezione piuttosto diffusa che, nonostante l’Astronomia Culturale sia disciplina universalmente riconosciuta (fuori dall’Italia) come vero e proprio ambito di ricerca scientifica, spesso la fa erroneamente ricondurre alla divulgazione e, più in generale, alla cosiddetta Terza Missione”.

Avendo verificato come, a parte pochi casi isolati, chi ha aderito alla scorsa iniziativa ha dimostrato di aver compreso appieno questa differenza sostanziale, confidiamo di ricevere anche quest’anno proposte di talk aventi il carattere di vere e proprie indagini scientifiche che, sul comune sfondo astronomico, risultino condotte usando i metodi di indagine propri dei vari ambiti cui dimostreranno di afferire.

Quest'anno, grazie a una fee più bassa pensata appositamente per loro, speriamo di registrare una impennata del numero di iscrizioni da parte di studenti universitari perché siamo convinti che, come in ogni ambito di ricerca, essi rappresentino il futuro pure di questo affascinante percorso di studi.

Stimolati dall'incredibile fascino esercitato su di noi dal cielo stellato, tentiamo di carpire segreti all'universo servendoci di strumenti che necessitiamo di rendere progressivamente più sofisticati: uno studio che ha dunque un carattere sia scientifico, sia tecnologico e capace di riverberarsi sulla nostra consapevolezza di specie all'interno non solo dell'ambiente terrestre, ma anche e soprattutto nell'ambiente cosmico. Per quanto detto, l’indagine prima astronomica, poi astrofisica condotta sul cielo ha avuto, e tutt'ora ha, l'effetto di renderlo da oggetto di studio, pure strumento col quale l’umanità matura consapevolezze profonde circa la propria evoluzione culturale e il suo progredire sullo sfondo naturale. Da qui il titolo dato alla manifestazione.


I contributi cui verrà dato spazio afferiranno alle seguenti aree di interesse:

- Astronomia e Storia;

- Archeoastronomia;

- Etnoastronomia, Astronomia e Sociologia;

- Astronomia, Lingue e Letteratura;

- Astronomia ed Epistemologia;

- Astronomia, Etica, Politica e Diritto;

- Astronomia, Ambiente e Territorio;

- Astronomia e Teatro;

- Astronomia e Arti Figurative;

- Astronomia, Architettura e Urbanistica;

- Astronomia e Musica;

- Astronomia e Teologia, Mito, Misticismo.

Il congresso è quindi rivolto soprattutto a ricercatori, ma anche a educatori interessati alla dimensione scientifico-sperimentale del loro lavoro, e rappresenta un’opportunità unica per promuovere lo scambio di esperienze ed il confronto all’interno dell’INAF e tra enti di ricerca, università, scuole, istituzioni pubbliche e private.

Si prevedono presentazioni orali di invited speakers e altre su selezione. Il congresso prevede inoltre una sessione poster che darà l’opportunità a quanti non saranno selezionati per dare un contributo orale, di condividere comunque la propria ricerca.

Termine ultimo per iscriversi: 15 ottobre

Invio degli abstract: entro il 20 settembre

Evento patrocinato da:

 


 

Comunicazione e grafica: Giuseppe Fiasconaro (INAF/IASF Palermo)

    • Registrazione congressisti Aula Cocchiara

      Aula Cocchiara

      CNR, Area Territoriale della Ricerca di Palermo

      Via Ugo la Malfa, 153, 90146 Palermo PA

      Registrazione Congressisti
      Verranno distribuiti i Badge ai congressisti già registrati attraverso questo form

    • Rinfresco di benvenuto Aula Cocchiara

      Aula Cocchiara

      CNR, Area Territoriale della Ricerca di Palermo

      Via Ugo la Malfa, 153, 90146 Palermo PA
    • Saluti Istituzionali e apertura dei lavori Aula Cocchiara

      Aula Cocchiara

      CNR, Area Territoriale della Ricerca di Palermo

      Via Ugo la Malfa, 153, 90146 Palermo PA

      Introduzione al convegno.
      Saranno presenti gli afferenti alla Scheda INAF AsCultA, alcuni componenti del SOC e tutti i componenti del LOC

    • Archeoastronomia Chair: Melania Del Santo

      Chair: Melania Del Santo

      Interventi degli invited da 40 minuti (35 di talk più 5 di domande), normali da 30 minuti (25 di talk più 5 di domande).

      Chair: Melania Del Santo

      • 1
        La conoscenza astronomica come strumento di potere economico e sociale nelle comunità protostoriche del Mediterraneo e del Vicino Oriente

        Invited

        Speaker: Dr Andrea Polcaro (Università degli Studi di Perugia Dipartimento di Lettere, lingue, letterature e civiltà antiche e moderne)
      • 2
        Gli orientamenti delle tombe castellucciane con prospetto monumentale: analisi preliminare e presentazione del progetto EBAS (Early Bronze Age Skyscape)

        L’età del Bronzo Antico (BA) in Sicilia è caratterizzata dalla cultura materiale di Castelluccio, il cui sito eponimo è appunto quello di Castelluccio di Noto (Siracusa). Questo periodo della preistoria siciliana, che va dal 2200 al 1600 a.C. circa, è caratterizzato da una civiltà che rappresenta la prima forma concreta di popolamento capillare del territorio con una diffusione omogenea delle forme sociali, economiche e religiose. La facies di Castelluccio è diffusa infatti su gran parte della Sicilia ma non è attestata lungo la costa settentrionale e nelle isole minori.
        Per quanto riguarda l’architettura funeraria nel periodo castellucciano si assiste alla comparsa delle tombe a grotticella, ovvero di sepolture scavate su pareti rocciose verticali (per esempio quelle delle cave iblee). Questa tipologia di sepoltura rappresenta una delle grandi novità del BA, nella precedente età del Rame infatti le sepolture erano scavate su superfici rocciose orizzontali, le cosiddette tombe a pozzetto.
        Una stima recente ha censito circa 2000 tombe a grotticella, dislocate principalmente nella Sicilia sud-orientale e centro meridionale. Il primo studio archeoastronomico di una necropoli castellucciana risale agli anni ’80, quando l’allora studente dell’Università del Minnesota George Parker studiò gli orientamenti di più di un centinaio di sepolture del sito preistorico della Muculufa. Nel decennio successivo gli studiosi palermitani Foderà Serio e Tusa studiarono gli orientamenti di una cinquantina di tombe castellucciane, prendendo in considerazione i siti di Castelluccio e Cava Lazzaro.
        Mentre lo studio di Parker evidenziò una certa intenzionalità nella disposizione delle tombe del sito della Muculufa, quello di Foderà Serio e Tusa non rilevò nessuna intenzionalità, dato che nei siti delle cave iblee era la morfologia naturale dei canyon a condizionare il posizionamento delle sepolture.
        Tuttavia nella maggior parte dei siti castellucciani si trovano delle particolari tombe, che presentano un cosiddetto prospetto monumentale: ovvero sepolture in cui l'ingresso è caratterizzato da elementi architettonici decorativi come lesene o pilastri a tutto tondo. A differenza della maggior parte delle tombe con prospetti semplici o non decorati, le tombe con prospetto monumentale si caratterizzano per via delle dimensioni notevoli, per la loro struttura architettonico-decorativa complessa e per la posizione topografica spesso dominante o in punti strategici, funzionale al ruolo di marker territoriale, segno distintivo e manifestazione d’élite.
        Ad oggi pochi sono gli studi svolti su queste tipologie di tombe mentre solo recentemente si è avuto il primo censimento delle tombe con prospetto monumentale: il loro numero è di circa 200.
        Con il presente contributo si intende presentare il primo studio archeoastronomico delle tombe castellucciane con prospetto monumentale, illustrando in questa sede i rilievi svolti nei siti di Castelluccio (Noto), Cava Lazzaro (Rosolini), Baravitalla (Modica), Calicantone (Modica) e Roccarazzo (Francofonte). Questa attività di ricerca, dedicata alla Cultura di Castelluccio, rientra in un più ampio progetto scientifico (EBAS - Early Bronze Age Skyscape) volto allo studio dello skyscape nel periodo preistorico del Bronzo Antico, progetto iniziato già nel 2020 con lo studio dell’orientamento del santuario castellucciano della Muculufa (Butera).

        Speaker: Dr Andrea Orlando (Istituto di Archeoastronomia Siciliana)
      • 3
        Quando la grande Orsa camminava sul mare Egeo

        Il presente studio scaturisce da un sospetto nato leggendo I Fenomeni di Arato di Soli e la versione che Ovidio, nel secondo libro delle sue Metamorfosi, dà del mito di Callisto e di suo figlio Arcade, poi da Zeus tramutati, con un catasterismo “riparatore”, in costellazioni.
        Una certa fede nelle verità storiche e fisiche che possono celarsi nelle narrazioni antiche, spesso uniche testimonianze di ere non altrimenti documentate, mi ha spinto a ricercare possibili indizi a sostegno di idee che di primo acchito possono apparire semplici vezzi letterari.
        Da tale ricerca sono emersi dati che ritengo interessanti e che potrebbero gettare nuova luce sul problema di stabilire a quale popolo vada il primato per avere “avvistare” le prime costellazioni che ancora usiamo nel ripartire il cielo in zone facilmente identificabili.

        Bibliografia
        Arato di Soli, Fenomeni e pronostici, Edizioni Arktos, 1984
        Maria Bondar, Prehistoric innovations: wheels and wheeled vehicles, Acta Archaeologica Academiae Scientiarum Hungaricae 69 (2018) 271–298 0001-5210 © 2018 Akadémiai Kiadó, Budapest
        Alessandro Cesta, Sulle origini delle costellazioni, Tesi di Laurea, Univ. Di Bologna, Anno Accademico 2015-2016
        Publio Ovidio Nasone, Metamorfosi, Einaudi, Torino, 199
        Hughey, J., Paschou, P., Drineas, P. et al. A European population in Minoan Bronze Age Crete. Nat Commun 4, 1861 (2013). https://doi.org/10.1038/ncomms2871
        Stuart Piggott, The Earliest Wheeled Vehicles and the Caucasian Evidence,
        February 2014, Proceedings of the Prehistoric Society, 34:266-318
        John H. Rogers, Origin of the ancient constellations, 1, J. Br. Astron. Assoc., 108, 1, 1998
        John H. Rogers, Origin of the ancient constellations, 1, J. Br. Astron. Assoc., 108, 2, 1998
        Archie E. Roy, The origin of constellations, Vistas in Astronomy, Vol. 27, pp. 171-197, 1984
        Heinrich Schliemann, La scoperta di Troia, Einaudi Tascabili, 1995, Torino

        Speaker: Angelo Adamo (Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF))
      • 4
        Rites, Stars, and Architecture: An Astronomical Reinterpretation of the Orientation of the Temples of Akragas

        This contribution offers a concise reassessment of previous studies concerning the orientation of the temples in the ancient Greek colony of Akragas, whose construction dates range from the late 6th century to the second half of the 5th century BCE.
        Challenging the adequacy of the prevailing ‘topographical’ or ‘stellar’ explanations proposed by earlier academics, we have undertaken a new investigation grounded in astronomical calculations. These calculations were validated using the NASA/Jet Propulsion Laboratory Ephemerides portal of the California Institute of Technology and subsequently corroborated through the use of the professional software The Sky X, enabling a reconstruction of the ancient sky as it would have appeared during the historical period in question.
        The data thus obtained, when considered in conjunction with a detailed analysis of the topographical context in which the sacred buildings were erected, served as the foundation for our inquiry. The minimal orographic challenges encountered—amounting to mere centimeters—suggest that the architects of the Akragas temples could have readily achieved precise East–West alignments. This observation implies that the chosen orientations were not dictated solely by urban layout constraints, but rather by additional, perhaps symbolic or ritual, considerations.
        Our hypothesis posits that such orientations were deliberately aligned with key astronomical events, particularly those corresponding to moments of profound cultural and religious significance within Greek society. It is within this framework that we investigated the possibility of alignments linked to the solar calendar (specifically the spring equinox) and their concordance with the lunar calendar (namely, the first new moon following the spring equinox).

        REFERENCES
        AVENI, A.F. and ROMANO G. 2000: Temple Orientations in Magna Graecia and Sicily. Journal for the History of Astronomy, 31, 1–57.
        HANNAH, R., MAGLI, G. and ORLANDO, A. 2017: Astronomy, topography and landscape at Akragas’ Valley of the Temples. Journal of Cultural Heritage 18, 1–9.
        HANNAH, R., MAGLI, G. and ORLANDO, A. 2018: The role of urban topography in the orientation of greek temples: tha cases of Akragas and Selinunte. Mediterranean Archaeology and Archaeometry, 16 (4), 213-217.
        SALT, A.M. 2009: The astronomical orientation of ancient Greek temples. PloS One, 4(11), 1-5.
        SALT, A.M. 2010: An analysis of astronomical alignments of Greek Sicilian Temples. Alun Salt, The Centre for Interdisciplinary Science, University of Leicester, preprint arXiv:1001.3757.

        Speaker: Dr Carmelo Falco (Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF))
    • Pausa pranzo Aula Cocchiara

      Aula Cocchiara

      CNR, Area Territoriale della Ricerca di Palermo

      Via Ugo la Malfa, 153, 90146 Palermo PA
    • Archeoastronomia Chair: Melania Del Santo

      Chair: Melania Del Santo

      Interventi degli invited da 40 minuti (35 di talk più 5 di domande), normali da 30 minuti (25 di talk più 5 di domande).

      Chair: Melania Del Santo

      • 5
        Archeoastronomia nel progetto di Léon Dufourny per l’Orto Botanico di Palermo.

        Appassionato dei reperti archeologici della Sicilia, Léon Dufourny nel 1789 fu incaricato del progetto del Gymnasium e delle adiacenti stufe, Calidarium e Tepidarium, nell’erigendo Orto botanico di Palermo in un terreno limitrofo a Villa Giulia.
        L’architetto francese, che soggiornò per alcuni anni a Palermo, disegnò gli edifici perché costituissero un tempio della Natura. Privilegiando il loro rapporto con la luce, egli ripropose l’impianto funzionale e simbolico delle antiche strutture architettoniche.
        In un dialogo ricorrente con Giuseppe Piazzi, direttore dell’Osservatorio astronomico,
        Dufourny organizzò l’arredo iconografico dei tre edifici ricostruendo filogeneticamente i cicli del tempo, astronomici e vegetativi, riconducibili all’antica osservazione del cielo.
        Nella ricorrenza del 230° anno della fondazione dell’Orto Botanico, l’attuale relazione, in questa chiave di lettura, mi permette di diffondere i risultati dei miei studi sull’argomento, nonché alcuni approfondimenti sul dialogo intercorso tra Léon Dufourny e Giuseppe Piazzi.

        BIBLIOGRAFIA
        AVENI A., Gli imperi del tempo. Calendari, orologi e culture, Dedalo, Bari, 1993
        DUFOUR L., PAGNANO G., La Sicilia del ‘700 nell’opera di Léon Dufour-ny. L’Orto Botanico di Palermo, Ediprint srl, Siracusa, 1996.
        DUFOURNY L., Diario di un Giacobino a Palermo,1789-1793, Fondazione Lauro Chiazzese della Sicilcassa, Palermo, 1991.
        SCHIAPARELLI G., Scritti sulla Storia dell’Astronomia antica, Parte prima T I, IsIAO Mimesis, Milano, 1997.
        TUSCANO M.L., Urania Panormita. Storie di cielo in città, Fondazione Aldo Della Rocca, Aracne, Palermo, 2023.

        Speaker: Dr MARIA LUISA TUSCANO (Associata INAF-OAPA)
    • Astronomia e Storia Chair: Giangiacomo Gandolfi

      Chair: Giangiacomo Gandolfi

      Interventi degli invited da 40 minuti (35 di talk più 5 di domande), normali da 30 minuti (25 di talk più 5 di domande).

      Chair: TBD

      • 6
        Cerere Ferdinandea, l'"ottavo pianeta"

        Pochi anni dopo la sua fondazione, l'Osservatorio di Palermo si guadagnò il suo posto nella storia dell'Astronomia grazie alla scoperta del primo asteroide (ora classificato come pianeta nano), Cerere, avvenuta nel 1801.
        L'approssimarsi del bicentenario della morte dello scopritore, Giuseppe Piazzi (1746-1826), primo direttore dell'Osservatorio di Palermo, costituisce un'occasione propizia per ripercorrere la storia di questa scoperta, frutto della convergenza di diversi elementi, che saranno discussi ed esaminati nel corso di questa comunicazione.

        Speaker: Ileana Chinnici (Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF))
      • 7
        Il Multiverso da Plutarco a Poe

        L’esistenza di altri universi è un tema che è stato dibattuto per la prima volta dagli antichi Greci. Riguardo a questo tema analizzerò in particolare l’influenza che ha esercitato Plutarco su Edgar Allan Poe, quando questi ha sviluppato la propria cosmologia descritta nel suo “poema in prosa” Eureka, e farò alcune considerazioni su come si confronta il Multiverso della cosmologia contemporanea rispetto ai suoi predecessori.

        Speaker: Alberto Cappi (Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF))
    • Partenza per Isnello
    • Rinfresco di benvenuto GAL-Hassin, Isnello

      GAL-Hassin, Isnello

    • Astronomia, Ambiente e Territorio Chair: Andrea Orlando

      Chair: Andrea Orlando

      Chair: Andrea Orlando

      • 8
        Osservatori astronomici e Parchi naturali

        Attraverso le vicende che hanno portato alla realizzazione del Centro Internazionale per le Scienze Astronomiche GAL Hassin, vengono presentate le “interlocuzioni” con il territorio, le norme che lo regolano e gli organi di governo. Gli Osservatori astronomici richiedono cielo pulito, contesti ambientali ottimali per la ricerca ma, allo stesso tempo, impongono azioni di tutela. In più, un territorio preparato all’accoglienza di tali infrastrutture, vuol dire una efficienza di tutti servizi, dalle strade che devono consentire facili e sicuri accessi ai servizi a rete, oltre che una qualità di offerte, dalla ospitalità alla qualità della vita, che ha a che fare con la scuola, la sanità, l’efficacia delle azioni di governo e la saggezza delle scelte. Solo tutto ciò può rendere la presenza di una realtà di eccellenza nell’ambito della ricerca e della comunicazione scientifica in ambito astrofisico occasione di sviluppo, superando le difficoltà che vivono le cosiddette aree interne.

        Speaker: Dr Giuseppe Mogavero (Fondazione GAL Hassin - Centro Internazionale per le Scienze Astronomiche)
      • 9
        "Fenomeni celesti ed eventi terrestri in un testo del 1557 da poco riscoperto"

        "Nella recente pubblicazione INAF "Gli incunaboli e le cinquecentine degli
        Osservatori astrononomici dell' INAF (1478-1560)" figura il volume in
        latino "Prodigiorum ac Ostentorum Chronicon" di Konrad Lykosthenes, Basel
        1557, esemplare presente all' OAMI di Brera.
        Il testo di 684 pagine, basato su circa 300 riferimenti bibliografici e
        finora totalmente ignorato nei suoi contenuti astronomici, riporta date e
        dettagli di antichi eventi celesti quali eclissi di sole e di luna,
        apparizioni di comete e di stelle "novae", aurore boreali, etc.. Questi
        fenomeni vengono "naturalmente" associati a sciagure terrestri quali
        terremoti, siccita', carestie, epidemie, inondazioni, guerre.
        In questo contributo riporto e commento la descrizione dei fenomeni
        celesti relativi al medioevo, in particolare le eclissi di sole, e gli
        eventi terrestri ad essi associati."

        Speaker: Dr Pierluigi Selvelli (Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF))
    • Visita guidata al museo del Centro Internazionale per le Scienze Astronomiche, GAL-Hassin GAL-Hassin

      GAL-Hassin

    • Pausa pranzo GAL-Hassin

      GAL-Hassin

    • Visita al Parco Astronomico del GAL-Hassin (Orologi Solari, Cupola Telescopi) GAL-Hassin, Isnello

      GAL-Hassin, Isnello

    • Spettacolo al planetario Cupola del Planetario (GAL-Hassin)

      Cupola del Planetario

      GAL-Hassin

    • Ritorno a Palermo
    • Astronomia ed Epistemologia Chair: Antonino D'Aì

      Chair: Antonino D'Aì

      Interventi degli invited da 40 minuti (35 di talk più 5 di domande), normali da 30 minuti (25 di talk più 5 di domande).

      Chair: TBD

      • 10
        Il tempo prima del tempo - L'erosione dell'origine in cosmologia quantistica
        Speaker: Prof. Ignazio Licata (ISEM)
      • 11
        Dalla terra alla luna: le speculazioni astronomiche di un microscopista del Seicento

        Galileo e Thomas Harriot inaugurarono l’osservazione della luna nel 1609-1610.
        Sono anni in cui l’adozione di protesi ottiche aprì nuovi orizzonti per esplorazioni intellettuali che affiancarono quelle geografiche. I nuovi “paesaggi” suscitarono molteplici interrogativi riguardanti la costituzione dei nuovi oggetti di osservazione. Sotto questo aspetto le problematiche sperimentali e metodologiche dei microscopisti e degli osservatori del cielo presentano forti analogie.
        Per gli astronomi il primo scoglio da superare fu l’identificazione di quella che Harriot chiamava “the strange spottedness of the moon”. In proposito, come è noto, è a Galileo che si deve l’ardita abduzione secondo la quale il suolo lunare è del tutto simile a quello terrestre e le ombreggiature osservate denunciano la presenza di crateri e rilievi. Congettura non verificabile all’epoca ma che comportò implicazioni decisive per il futuro delle scienze naturali.
        Curiosamente la questione venne affrontata in modo molto originale da un microscopista, Robert Hooke, che nel suo trattato di microscopia, Micrographia, riferisce di speculazioni ed esperimenti di varia natura. Tra questi alcuni semplici ma ingegnosi esperimenti per mettere alla prova diverse ipotesi sulla genesi dei crateri lunari. In questo contributo si ragiona sulla portata delle ricerche di Hooke. Due considerazioni si impongono: innanzitutto si inaugura l’era delle simulazioni (analogiche, in questo caso), segno di un clima di ricerca che da pura attività contemplativa si trasforma in attività che costruisce strumenti e realizza processi artificiali che riproducono fenomeni naturali in condizioni controllate. In secondo luogo i canoni del ragionamento scientifico cambiano radicalmente assumendo come criterio non solo l’analogia strutturale-conformazionale, statica, ma anche quella che potremmo chiamare l’analogia di processo.
        Tutto ciò ha implicazioni epistemologiche che toccano la natura della spiegazione scientifica, questione ampiamente dibattuta ma lungi dall’essere esaurita visto che, a tutt’oggi, non esiste una caratterizzazione condivisa che risponda univocamente alla domanda “che cos’è una spiegazione scientifica?”

        Speaker: Mario Compiani (Università di Camerino)
      • 12
        Esplorare l’universo attraverso il ragionamento analogico: casi significativi.

        Questa presentazione esamina il ruolo del ragionamento analogico in astronomia e cosmologia, concentrandosi su come le analogie abbiano influenzato la scoperta scientifica, lo sviluppo delle teorie e la comunicazione dei concetti. Si accennano esempi storici chiave, tra cui l’analogia di Galileo tra la Luna e la Terra, l’analogia gravitazionale di Newton, modelli visivi come il pallone in espansione di Eddington, l’analogia stellare di Gamow per spiegare l’elio primordiale e l’analogia di Penrose e Hawking tra le singolarità dei buchi neri e l’origine dell’universo. Un caso più recente riguarda le simulazioni analogiche nella gravità e nella fisica dei buchi neri, secondo un approccio introdotto da Unruh nel 1981, in cui sistemi acustici e fluidodinamici vengono utilizzati come analoghi in laboratorio degli orizzonti degli eventi – da qui il termine “buchi neri analoghi” –, permettendo lo studio di fenomeni simili alla radiazione di Hawking.
        Dal punto di vista epistemologico, questi casi mostrano come le analogie funzionino non solo come strumenti esplicativi, ma anche come catalizzatori di nuove intuizioni teoriche, svolgendo sia un ruolo euristico, sia, in parte, confermativo, offrendo un ponte tra modelli concettuali e fenomeni spesso non osservabili, e illuminando le potenzialità e i limiti del metodo analogico in astrofisica e cosmologia, che resta comunque integrativo rispetto alla ricerca di forme di prova dirette per i fenomeni in gioco.

        Riferimenti bibliografici.
        Cornelis, G.C. (2000), “Analogical Reasoning in Modern Cosmological Thinking”, in F. Hallyn (ed.), Metaphor and Analogy in the Sciences, Springer Science+Business Media, Dordrecht, 2000, pp. 165-180.
        Nappo, F. (2024), L’analogia nell’indagine scientifica. A difesa della funzione induttiva, FrancoAngeli, Milano.
        Oppenheimer, R. (1958), “Analogy in Science”, The Centennial Review of Arts & Science, Vol. 2, pp. 351-373.
        Tambor, P. (2020), “Analogy and metaphor in cosmology. A historical and methodological analysis”, European Journal of Science and Theology 16(4), pp. 151-167.
        Unruh, W.G. (1981), “Experimental black-hole evaporation?”, Physical Review Letters 46, 1351.

        Speaker: Giovanni Macchia (University of Urbino)
      • 13
        Galileo sulla facciata del Duomo di Firenze: una rilettura del dialogo tra astronomia e fede

        L’attuale facciata di Santa Maria del Fiore a Firenze, inaugurata nel 1887, ospita un busto di Galileo, scolpito da Adolfo Galducci e collocato nella parte inferiore del rosone centrale. L’ideazione del programma iconografico si deve al filosofo cattolico Augusto Conti (1822-1905), che volle offrire a Galileo una sorta di “riparazione” pubblica, riconoscendone non solo i meriti scientifici ma anche la portata filosofica e la dimensione religiosa del suo pensiero.
        Questa scelta rispondeva a una precisa strategia culturale e politica. Conti intendeva presentare Galileo come un filosofo razionale e non solo come un astronomo, matematico e padre del metodo sperimentale: egli avrebbe infatti delineato in vari scritti i principii del proprio metodo – pur senza mai enunciarli in forma sistematica –, poi ereditati dall’Accademia del Cimento e pubblicati nei Saggi di naturali esperienze. In questa prospettiva, le scoperte astronomiche – compresa l’adesione al copernicanesimo – venivano presentate come esiti coerenti di una filosofia naturale sorretta da una profonda religiosità.
        Partendo dall’esame dei lavori di Augusto Conti su Galileo, la presente relazione analizza le riflessioni filosofiche che sottesero la decisione di collocarne il busto in questo spazio pubblico urbano: una scelta intesa come atto di conciliazione tra scienza e fede, come volontà di intrecciare un dialogo ideale con gli altri “luoghi galileiani” di Firenze – in particolare la Basilica di Santa Croce e il palazzo di Vincenzo Viviani – e come risposta al clima culturale degli ultimi decenni dell’Ottocento, che andava trasformando Galileo nell’eroe del “primo Risorgimento”. Con questa operazione Conti mirava al tempo stesso a valorizzare il contributo filosofico di Galileo e a replicare alle critiche formulate da Cartesio, dagli Illuministi e, più tardi, da François Arago circa la presunta mancanza di originalità del suo metodo e delle sue scoperte. La facciata del Duomo si configura così come uno spazio civico e religioso di ridefinizione dell’immagine di Galileo: non più soltanto il padre della scienza sperimentale, ma un filosofo capace di armonizzare ragione e fede, di enunciare i principii di un metodo di ricerca non meno rilevante di quelli formulati da Bacon e Cartesio, e per questo degno di essere celebrato nella massima piazza della città.

        Speaker: Dr Natacha Fabbri (Università di Siena e Museo Galileo (Firenze))
    • Pausa caffé Aula Cocchiara

      Aula Cocchiara

      CNR, Area Territoriale della Ricerca di Palermo

      Via Ugo la Malfa, 153, 90146 Palermo PA
    • Astronomia e Arti Figurative Chair: Natacha Fabbri

      Chair: Natacha Fabbri

      Interventi degli invited da 40 minuti (35 di talk più 5 di domande), normali da 30 minuti (25 di talk più 5 di domande).

      Chair: TBD

      • 14
        Dal metodo storico artistico all’oggetto fotografico.

        Il Metodo Storico-Artistico.

        La presentazione si propone di illustrare come il metodo storico artistico rappresenti un punto d'incontro proficuo per ampliare l’orizzonte di dialogo tra il mondo dell'arte e quello delle scienze naturali.

        Il metodo storico-artistico non si limita all'interpretazione formale (stile, iconografia, forma), ma adotta un approccio analitico che tiene in considerazione tre aspetti interconnessi che riguardano tutte le immagini, ma che nelle immagini scientifiche svolgono un ruolo determinante nella comprensione del loro valore epistemologico:

        1. Aspetti Materiali (Scienza e Tecnica): La storia dell'arte esamina la materialità delle opere—i pigmenti, i supporti, le tecniche di esecuzione e gli strumenti utilizzati. Questo coinvolge discipline scientifiche come la chimica, la fisica e le scienze della conservazione e del restauro, che permettono di comprendere la genesi fisica e la condizione dell'opera.

        2. Contenuti (Soggetto e Contesto): Analizza ciò che l'immagine rappresenta, identificando soggetti, temi e fonti narrative (mitologiche, storiche, religiose). Questo studio colloca l'opera all'interno del suo contesto storico, sociale e culturale.

        3. Valore Semantico (Interpretazione e Significato): Mira a decifrare il significato profondo e il messaggio veicolato dall'immagine. Il valore semantico è il risultato dell'interazione tra la scelta dei materiali, la tecnica (gli aspetti materiali) e i contenuti rappresentati. L'immagine viene così compresa come un documento complesso che riflette il pensiero e la visione del mondo di un'epoca.

        La Fotografia: Immagine, Medium, Oggetto tra pratica artistica e scientifica.

        Alla luce della premessa metodologica, la presentazione si concentrerà su un caso studio specifico: la ricerca fotografica dell’artista Sharon Harper. Harper lavora in modo eclettico indagando le sfaccettature del mezzo fotografico, del potenziale formale dell’immagine e della natura archivistica del supporto all'intersezione tra arte, scienza e tecnologia. L’analisi di alcune delle sue opere a tema astronomico, il processo creativo in rapporto al significato che acquisisce la percezione e il suo metodo squisitamente scientifico e sperimentale permettono di arricchire la riflessione sul rovesciamento di prospettiva come suggerito nel titolo del II Congresso di Astronomia Culturale “Il Cielo come Strumento”.

        Speaker: Dr Sara Romani (Gerda Henkel Stiftung)
      • 15
        Artemisia & Galileo

        In questo intervento si intende analizzare in modo critico il possibile rapporto tra Galileo Galilei e Artemisia Gentileschi. L’interesse di Galileo per le arti e i suoi rapporti con i maggiori pittori del tempo – in particolare con Ludovico Cigoli, con il quale condivise studi di prospettiva e dissezioni anatomiche – sono attestati dal suo primo biografo, Vincenzo Viviani. Non a caso, nell’ottobre del 1613 Galileo venne ammesso all’Accademia del Disegno e delle Arti di Firenze.

        È plausibile che il primo incontro tra Galileo e la giovane Artemisia, allora diciottenne, sia avvenuto durante la visita dello scienziato a Roma nel 1611, come lascia supporre una lettera del 1612 di Paolo Giordano Orsini indirizzata a Galileo. Nel 1613 Artemisia si trasferì a Firenze, dove frequentò gli stessi circoli artistici e gli amici di Galileo, come la cerchia di Casa Buonarroti. Nel 1616, fu la prima donna nella storia ad essere ammessa all’Accademia delle Arti del Disegno.

        Le prove documentarie di un rapporto diretto tra i due sono però scarsissime. L’unica testimonianza certa è una lettera di Artemisia a Galileo del 1635, dal tono cordiale, che lascia intravedere una consuetudine antica. In essa la pittrice ricorda un precedente intervento di Galileo in suo favore presso Cosimo II e gli chiede ora un nuovo e analogo intervento nei confronti di Federico.

        Accanto a questa testimonianza, la critica ha avanzato diverse ipotesi di omaggi artistici di Artemisia a Galileo: dal dipinto dell’Aurora alle tracce di sangue sulle vesti di Oloferne. In questa sede si propone una nuova interpretazione di un’opera della pittrice che potrebbe rappresentare il più esplicito omaggio di Artemisia alle scoperte scientifiche di Galileo.

        Speaker: Paolo Molaro (Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF))
      • 16
        L’albero celeste: un costrutto astronomico dimenticato.

        Nell’astronomia di oggi, per rappresentare gli assi e le coordinate celesti, facciamo uso di entità geometriche astratte, inanimate (rette, cerchi); i nostri antenati remoti utilizzavano invece simili organici, suggeriti dal mondo naturale. Uno di questi è l’albero celeste, presente, nelle sue diverse forme, nelle culture antichissime pressochè in ogni parte del mondo. Una delle varianti più comuni è l’albero immenso (e invisibile) piantato a Est, che cresce verso l’orizzonte opposto trascinando con sè stelle e costellazioni come fossero frutti e animali accomodati fra i suoi rami: una metafora intuitiva ed efficace del moto diurno apparente della sfera celeste, che implica fra l’altro, grazie al verso di crescita dell’albero, una suggestione dinamica e direzionale.
        Raramente, peraltro, la descrizione del cieli implicava un unico vegetale; più spesso, ci si imbatte in insiemi di più alberi, che andavano a comporre interi e ben strutturati giardini.
        Questi alberi e giardini dei cieli hanno lasciato nelle arti visive e nelle mitologie di tutto il mondo tracce molto più diffuse e persistenti di quanto potremmo immaginare. Li troviamo però pressochè ovunque ormai disconnessi dall’originaria radice astronomica; e manca, al momento, una trattazione unitaria sull’argomento. Attraverso esempi iconografici, si delinea qui la traccia di una possibile ricerca futura atta a rimettere in luce i nessi dimenticati.

        Speaker: gloria vallese (Accademia di Belle Arti di Venezia, Professor of Art History, Emeritus)
      • 17
        Disegni e immagini del cosmo e dei corpi celesti. Analisi del processo di avvicinamento fisico e mentale all'Universo nel rapporto uomo-spazio

        I disegni e le immagini dei corpi celesti rappresentano passato e presente dell’astronomia, questa scienza che “evolve incessantemente, con rapidità e continuità” [Danjon 1926]. Nel ripercorrere le fasi dell’astronomia umana, Bignami afferma che “lo studio e la comprensione del cielo da parte dell’uomo [passano] attraverso tre fasi distinte. Per migliaia di anni […] gli esseri umani hanno fatto astronomia a occhio nudo”. Con Galileo inizia quella col telescopio, “cioè la rivoluzione osservativa”. Poco più di sessanta anni fa […], quando […] Luna 3 invia a Terra le prime fotografie della faccia “nascosta” della Luna “inizia l’astronomia dallo spazio […] che ci ha dato una conoscenza diretta degli oggetti che con noi ruotano intorno al Sole” [Bignami 2006]. Con Galileo e il telescopio, dunque, l’indagine astronomica si apre al cielo profondo, trasformando il pensiero sull’Universo e sul mondo in cui viviamo.
        Dal 1610, attraverso osservazioni e disegni, l’uomo vede (cioè percepisce a livello sensoriale) i corpi celesti. La Luna, il Sole, le comete, Venere, Marte, Giove,…Disegni, fotografie e video di oggetti distanti centinaia di milioni di km, rappresentano un insieme di dati scientifici elaborati dalle osservazioni da Terra e dallo spazio. Nel tempo i disegni hanno descritto la superficie di un pianeta, il moto e la forma di una cometa, la posizione delle stelle, le protuberanze del Sole… Disegni e immagini, oltre il loro valore scientifico, rappresentano l’avvicinamento fisico e mentale ai corpi celesti, lo sforzo umano verso la conoscenza dell’ignoto. Osservando e disegnando, attraverso strumenti che contraggono la distanza, l’uomo si traspone nell’universo infinito con un pensiero libero e diverso. Disegni e immagini diventano parte del rapporto tra uomo e universo, lo contengono e lo rappresentano. Un rapporto all’interno del quale si annulla sia la distanza fisica sia la distanza mentale che separano l’uomo dal Cosmo.
        Questo contributo, oltre a rileggere i valori scientifici di disegni e immagini dei corpi celesti, analizza il processo di avvicinamento fisico e mentale ai corpi celesti e all’Universo determinato da disegni, immagini e fotografie.
        La possibilità di avvicinare uomo e universo è il valore sia del disegno (antico) sia delle immagini (attuali), per lo sviluppo del nostro rapporto con l’universo e per il futuro rapporto tra uomo e universo. Un rapporto costante che prosegue, nel XXI sec, attraverso le diverse immagini ad alta risoluzione che provengono direttamente dallo spazio. Da quelle dei corpi celesti (ad es. le foto di Marte inviate da HiRISE) a quelle dell’universo profondo (inviate dal telescopio Hubble), fino a quelle relative ad alcuni tra gli oltre quattromila pianeti extrasolari finora scoperti.
        È assai probabile che tra qualche centinaia di anni il genere umano trasformerà (definitivamente) il rapporto con lo spazio fisico e col tempo (a cominciare dall’idea della posizione verticale nello spazio terrestre, dovuta a gravità ed evoluzione della specie, e dal concetto del tempo relativo alla vita umana). Tutto questo aprendo la mente all’universo e alle sue cose, cambiando radicalmente il modo di pensarlo e di vederlo, passando dall'idea della Terra come mondo alla concezione dell’Universo come mondo.

        Speaker: Prof. Rosario MARROCCO (Università Telematica Internazionale Uninettuno, Facoltà di Ingegneria, Roma)
    • Pausa pranzo Aula Cocchiara

      Aula Cocchiara

      CNR, Area Territoriale della Ricerca di Palermo

      Via Ugo la Malfa, 153, 90146 Palermo PA
    • Astronomia, Lingue e Letteratura Chair: Alberto Cappi

      Chair: Alberto Cappi

      Interventi degli invited da 40 minuti (35 di talk più 5 di domande), normali da 30 minuti (25 di talk più 5 di domande).

      Chair: TBD

      • 18
        Quando i sensi scoprirono il cosmo: Eberhard Christian Kindermann e il primo testo proto-fantascientifico della letteratura tedesca.

        Nella Germania del Settecento, le narrazioni che rappresentano mondi extraterrestri godevano di ampia diffusione e apprezzamento ma rimanevano sempre entro i confini della pura immaginazione fantastica. Ciò cambia con il testo di Eberhard Christian Kindermann, Geschwinde Reise auf dem Lufft-Schiff nach der obern Welt (1744), che, attraverso il filtro della finzione, introduce le più avanzate scoperte astronomiche e le innovazioni nell’ingegneria aeronautica, proponendosi come primo testo fantascientifico della tradizione letteraria tedesca. Quello che cercheremo di mettere in evidenza è come quest’opera si confronti con una duplice sfida: da un lato, reinterpretare il nuovo spazio celeste ridefinito dalle recenti scoperte scientifiche; dall’altro, mantenere un saldo legame con la visione neoplatonica e religiosa del cosmo. Il cosmo disegnato da Kindermann inaugura una visione del cosmo, come spazio esplorabile per l’uomo, popolato da forme viventi diverse, comete, pianeti e satelliti che orbitano invece di “fluttuare”. Un cosmo fantastico ma che si apre alle possibilità conoscitive umane.

        Speaker: Prof. Renata Giuseppa Gambino (Università degli Studi di Catania)
      • 19
        Il "Cielo" di Jack London

        Nel mio intervento intendo analizzare un romanzo di Jack London (1915) tra i suoi meno noti, sebbene sia stato tradotto la prima volta in italiano nel 1928 e sia ancora in commercio (ultima trad. 2018) . Il romanzo, pubblicato a un anno dalla morte dello scrittore, è conosciuto con due titoli: The Star-Rover e The Jacket. In Italia la scelta è caduta su Il vagabondo delle stelle, certamente il titolo migliore, anche se The Jacket rimanda alla camicia di forza in uso nelle prigioni e nei manicomi, che ha una parte fondamentale nel romanzo.
        La vicenda narra infatti di un giovane professore universitario che viene incriminato per un delitto (che non si capisce bene se abbia commesso o no) e rinchiuso in carcere. Condannato all’ergastolo, la sentenza sarà commutata in pena di morte in seguito all’aggressione di un secondino. Tutta la vicenda si snoda durante la prigionia, nel corso della quale il protagonista-narratore sperimenta non solo la privazione della libertà, ma ogni genere di violenza e di tortura. L’unico modo di sopravvivere diventa per lui immaginare di uscire dal proprio corpo, immergendosi in uno spazio-tempo che gli consente di navigare letteralmente fra le stelle, transitando fra le diverse epoche. Per questo si autodefinisce star-rover, ovvero vagabondo delle stelle o interstellare, un’espressione che ci ricorda i rover che oggi passeggiano su Marte ma anche il film Interstellar (Christopher Nolan 2014). Il Cielo si fa qui non solo metafora del mondo libero, ma vero e proprio strumento di resistenza alla follia dell’oppressione e della repressione fisica e psicologica. Da parte loro, le Stelle diventano i punti di riferimento reiterati in questi “viaggi astrali” in cui il corpo fisico rimane ferito, mutilato, moribondo in cella, mentre la sua dimensione spirituale (con un ossimoro, potremmo chiamarlo “corpo metafisico”) si muove del tutto a suo agio nel Cielo, dove non prova né dolore né limitazioni.
        L’importanza di questo romanzo nell’ambito dell’astronomia narrativa è duplice. Da un lato, Jack London, scrittore molto impegnato a livello sociale (The Iron Heel) e ambientale (White Fang, The Call of the Wild), si misura qui con una realtà “celeste” (eterea, invisibile, impalpabile…) radicalmente opposta a quella terrena, dove vige l’ingiustizia, dove prospera l’orrore, dove regna la violenza. D’altro canto, il Cielo è utilizzato dallo scrittore non come via di fuga (cioè non in senso escapista), ma al contrario come uno strumento a tutti gli effetti, come un mezzo efficace di presa di coscienza di un multiverso inatteso, e anche di liberazione non tanto dalla vita, quanto dalla rassegnazione e dalla resa.

        Speaker: Prof. alessandra calanchi (Scuola Superiore per Mediatori Linguistici di Ancona)
      • 20
        Triangoli impossibili: gli universi di Wheeler-Borges-Regge

        John A. Wheeler (1911-2008) e Tullio Regge (1931-2014) sono stati due tra i fisici teorici più creativi e originali della seconda metà del XX secolo. Menzionarli assieme non è affatto una scelta arbitraria: la loro collaborazione, com'è noto, risale al 1956, quando Wheeler inviò al giovane Regge, conosciuto a Leida, una "skeleton draft" con le sue intuizioni fisiche sulla stabilità di quello che, nel corso del decennio seguente, si sarebbe chiamato l'orizzonte di un buco nero. Il compito del giovane studioso era di inserire negli spazi bianchi, quasi come se si trattasse di un modulo da compilare, le equazioni e la trattazione matematica che portassero a quelle conclusioni. Questo episodio, scambiato da molti per un aneddoto semileggendario, ha invece trovato recentemente un puntuale riscontro nei materiali d'archivio di Wheeler. Oltre ad informarci su di un interesse di ricerca comune ai due, che sarebbe stato peraltro particolarmente fecondo e affascinante anche per il grande pubblico negli anni a venire, l'episodio ci dice già qualcosa - nel caso di Wheeler, per ora - sull'audacia con cui avanzava idee alle frontiere della speculazione teorica, secondo uno stile non convenzionale che lo ha portato a disseminare per decenni preziosi e inattesi suggerimenti. Pochi anni dopo, ancora nel contesto degli studi intorno alla relatività generale (o, come la chiamava Wheeler, geometrodinamica), è Regge a offrirgli un'idea che affascina Wheeler innanzitutto per il suo carattere geometrico-visivo: l'approssimazione, nota come "Regge calculus", del continuum spaziotemporale con un reticolo di simplessi - mossa che peraltro poteva entrare facilmente in sinergia con le simulazioni al computer che, pionieristicamente, da alcuni anni Wheeler stava sfruttando anche per la ricerca teorica, non solo per quella applicativo-militare. È in riferimento a questo universo di geometria dinamica, di esplosioni cosmiche e di buchi neri, cui vanno ovviamente aggiunti spaesanti ingredienti quantistici, che Wheeler e Regge avrebbero sviluppato, negli anni '70 e '80, le rispettive visioni globali sui segreti più profondi e affascinanti della natura - con un certo gusto per il paradosso e non senza tenere la porta aperta a suggestioni o ispirazioni provenienti da altri ambiti, incluse le arti e la letteratura. Proprio alla luce di tutto ciò, scopo di questo intervento non è soltanto di ripercorrere alcune tappe del sodalizio tra Wheeler e Regge, peraltro ancora in gran parte inesplorato, ma di evidenziare alcune caratteristiche delle loro proposte teoriche che risuonano curiosamente con la poetica di Jorge Luis Borges. Piuttosto noti sono i rimandi di Regge, in sede a vario titolo divulgativa, al grande scrittore argentino, che pare invece assente, malgrado le ovvie affinità, dall'opera di Wheeler. Grazie a materiale d'archivio di quest'ultimo, si mostrerà che non è così, legittimando appieno la fascinosa e stimolante triangolazione Wheeler-Borges-Regge, tra paradossi matematici, frontiere della fisica, retorica e arti visive.

        Speaker: Daniele Puleio (Liceo "Giuseppe Parini" (VE); Pontificia Università Lateranense)
    • Astronomia, Lingue e Letteratura Chair: Alberto Cappi

      Chair: Alberto Cappi

      Interventi degli invited da 40 minuti (35 di talk più 5 di domande), normali da 30 minuti (25 di talk più 5 di domande).

      Chair: TBD

      • 21
        Giacomo Leopardi: il cielo come strumento di

        Giacomo Leopardi, oltre a essere uno dei più grandi poeti italiani, è anche uno dei più penalizzati da luoghi comuni pervicaci e duri a morire: il pessimismo, la gobba, l’infelicità, l’astronomia.

        Uscendo però dallo stereotipo e dalle formule semplici, anche solo riguardo all’aspetto astronomico, si possono distinguere almeno cinque diversi volti del discorso cosmico di Leopardi, ovvero del suo rapporto specifico con le “cose celesti”:
        1. il cielo come strumento per la demolizione delle credenze e degli errori dei popoli antichi, che pone le basi di tutto quel che segue;
        2. il cielo come atlante mitologico letterario, che resta saldissimo nel corso degli anni;
        3. il cielo reinterpretato dalla scienza, a cui Leopardi è sempre molto attento, dalla Storia dell’astronomia del 1813 fin alla composizione de La ginestra, nel 1836;
        4. il cielo come strumento letterario, nel quale l’aspetto metaforico, ovvero il significato che certi concetti assumono all’interno della sua poetica, varia nel corso degli anni;
        5. l’astronomia come exemplum del rapporto del genere umano con il vero.

        In questo intervento proveremo dunque a snodare la questione del rapporto cielo-Leopardi, andando oltre la celebre definizione di Italo Calvino “Leopardi, gran poeta lunare”, alla quale molti critici non hanno dato - a mio parere - la corretta profondità.
        Cercheremo di mettere in evidenza anche alcuni aspetti meno noti, che possono aiutarci a rivedere la rappresentazione di Giacomo, dandogli una maggiore tridimensionalità, mostrando la coesistenza di punti di vista diversi, sottolineando come grazie alla scienza "i nodi di stelle" de La ginestra sostituiscano la siepe dell'Infinito e, infine, evidenziando che la persistenza nel tempo del suo interesse verso le “cose del cielo” sia un aspetto necessario nel corso della inevitabile evoluzione del suo pensiero e della progressiva evoluzione della sua visione della Natura e dell'umano destino.
        Il tutto con quella dose di ironia e sorriso che caratterizza le opere del poeta recanatese e che, volutamente e in modo sistematico, è stata ignorata per tutto l'800 e parte del '900.

        Speaker: Stefano Sandrelli (Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF))
      • 22
        “SATELLITE” E “ORBITAL”: LA NARRATIVA NELL’ETA’ DEL LIMINALE PERITERRESTRE

        Il breve romanzo “Orbital” della britannica Samantha Harvey, vincitore nel 2024 del Booker Prize e pubblicato quest’anno nella pregevole traduzione italiana di Gioia Guerzoni, è un’importante acquisizione recente nella narrativa di ambiente spaziale, probabilmente destinata a restare un esempio piuttosto isolato di eccellenza letteraria nell’ambito dei testi narrativi ispirati dalla Space Science. Lontana dalle convenzioni di genere, particolarmente sorvegliata e levigata nelle scelte linguistiche e metaforiche, la novella rappresenta una lirica elegia dell’esperienza a bordo della stazione orbitale, venata da una sottile malinconia e tutta tesa a cercare l’essenza dell’umano nell’esatto punto di interfaccia tra atmosfera e spazio esterno. Le esperienze minimali e quotidiane dell’equipaggio internazionale di astronauti trasfigurano infatti al cospetto dell’immensa mole continuamente cangiante del pianeta madre e cementano una nuova consapevolezza organica ed ecologica che è per l’immaginario della nostra specie l’equivalente letterario dello shock iconografico provocato dalla foto Nasa “Blue Marble” all’inizio del programma Apollo.
        Se la Harvey riesce abilmente a distillare su carta l’intuizione di Peter Solterdijk che l’osservazione eccentrica dallo spazio periterrestre costituisce “una forma pragmatica di trascendenza comune che orbita attorno a tutte le forme di vita terrestri e ai sistemi religiosi, abbracciandoli da una prospettiva sempre equidistante”, un altro romanzo inglese di taglio “Young Adult” e titolo analogo – “Satellite” di Nick Lake, pubblicato nel 2017 – rappresenta la conferma che la letteratura contemporanea è ormai uscita dall’eterna dialettica tra la Space Opera avventurosa e fracassona delle origini della fantascienza e la rivoluzione dell’Inner Space Ballardiano emersa sul finire degli anni Sessanta. L’opera dipinge infatti le vicende e la condizione di assoluta alienità di un quindicenne del vicino futuro nato ed allevato sulla Stazione Spaziale, nel suo commovente tentativo di ritornare al pianeta di origine sopportando la morsa di una intollerabile gravità che lo menoma, lo ostacola e lo spossa, oltre ad annichilire irreversibilmente i suoi due coetanei compagni di infanzia spaziale.

        Dopo aver brevemente discusso gli interessanti parallelismi dei due romanzi citati, mostrerò come, intrappolato ormai da decenni in uno spazio intermedio sulla soglia del Pianeta Azzurro, l’uomo affina i suoi sensi e la sua capacità di affabulare riguardo a questo interminabile stadio transitorio, andando oltre le brucianti intuizioni solipsistiche del poco noto “Cancroregina” di Tommaso Landolfi (1950) e maturando la dimensione politica e storica dell’esperienza orbitale cyberpunk già introdotta da William Gibson e Bruce Sterling con la pioneristica short story “Red Star, Winter Orbit” (1983), ma anche sottraendosi al superficiale virtuosismo visivo e all’eccessiva “action” cinematografica di “Gravity” di Alfonso Cuaròn (2013). Inaugurando, in poche parole, una adulta e credibile letteratura del liminale periterrestre.

        Speaker: Giangiacomo Gandolfi (Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF))
    • Astronomia, Architettura e Urbanistica Chair: Paolo Molaro

      Chair: Paolo Molaro

      Interventi degli invited da 40 minuti (35 di talk più 5 di domande), normali da 30 minuti (25 di talk più 5 di domande).

      • 23
        Marte 2050. La “vita” attraverso l’immagine (dello spazio e dell'uomo)

        Verso la metà del XXI sec. le persone sulla Terra saranno circa 10 miliardi, rispetto ai 7,8 attuali, e il 70% di queste vivrà nelle città. Uno scenario fantastico rappresenterebbe una Terra prima o poi quasi completamente urbanizzata, come il pianeta Trantor di Asimov.
        Scenari a parte, il pianeta si urbanizza in maniera consistente e mentre una parte del paesaggio terrestre si trasforma in “urbano” quella rimanente si identifica con altri paesaggi non terrestri.
        Le immagini dei paesaggi delle fasce desertiche africane, americane o asiatiche si affiancano a quelle dei paesaggi marziani inviate dai rover che rilevano il pianeta rosso alla scoperta di attuali o passate forme di vita. Geografia e areografia si sovrappongono rendendo quasi verosimili le visioni illusorie e le mappe dell’astronomo Schiaparelli, concepite con la stessa metodologia di rappresentazione della Terra.
        Le immagini di Curiosity (rover NASA) documentano un’altra realtà, impossibile da sperimentare (almeno finora) in altro modo. Riportano visioni che inevitabilmente si associano alla Terra e rumori che si ricercano nell’esperienza terrestre (si ascolti il vento di Marte), avvicinando un mondo che acquisisce una prima forma di “vita” proprio attraverso le immagini.
        Indipendentemente dalle condizioni presenti sul pianeta, le immagini marziane estendono lo spazio fisico umano nel “cielo stellato” kantiano e nell’universo astronomico formato dall’insieme dei corpi celesti che circonda la Terra. Modificano l’idea della Terra come “mondo” e la percezione psicologica del mondo esterno. Incidono sulla concezione filosofica di finito e infinito e su quella spirituale del vuoto intorno alla Terra, umanamente associato al cielo.
        Rispetto a Marte il vuoto non è più l’infinito ma è lo spazio tra due mondi. Uno spazio misurabile in 228 milioni di km quando i due pianeti sono a una distanza media rispetto alle loro orbite.
        Le immagini, allora, penetrano e mettono in “crisi” gli aspetti che determinano la vita e il senso della vita sulla Terra, rendendo possibile un altro spazio e immaginabile la vita in un altro mondo.
        Attraverso uno studio delle immagini di Marte nella storia e nell’attualità, questo contributo espone delle riflessioni sulle relazioni tra quegli aspetti spaziali, filosofici e psicologici legati all’uomo e alla Terra e le immagini marziane.
        Nel 1958 in The Human Condition Arendt scriveva che «il piu radicale mutamento nella condizione umana che noi possiamo immaginare sarebbe un’emigrazione degli uomini dalla Terra in un altro pianeta».
        Le immagini marziane potrebbero avviare non l’emigrazione dell’uomo, ma del pensiero umano.

        Speaker: Prof. Rosario Marrocco (Università Telematica Internazionale Uninettuno, Facoltà di Ingegneria, Roma)
      • 24
        IL RILEVO DIGITALE AVANZATO PER LA DECODIFICA DEI CIELI STELLATI PALEOCRISTIANI: DALLA PERCEZIONE ALLA GEOMETRIA PROIETTIVA.

        Questo abstract presenta i risultati della ricerca condotta sulle rappresentazioni dei cieli stellati nell'architettura paleocristiana in Italia, focalizzandosi sull'analisi delle tracce geometriche. Lo studio adotta un approccio innovativo che combina la metodologia storico-artistica tradizionale con l'uso di strumenti digitali avanzati di rilevamento, consentendo una comprensione più profonda delle relazioni tra le superfici musive e le strutture architettoniche che le ospitano. Il periodo studiato, che va dal IV al VI secolo, è cruciale per lo sviluppo dell'arte cristiana e la progettazione degli elementi decorativi, in cui le conoscenze geometriche e astronomiche hanno avuto un ruolo decisivo.
        Un aspetto centrale di questa ricerca è l'analisi critica delle geometrie alla base della composizione dei cieli musivi. Le tecniche di rilievo avanzate, come il laser scanner e la fotogrammetria, sono fondamentali in questo processo, poiché consentono di acquisire dati tridimensionali ad alta precisione, rilevando morfologie e texture che non sono decodificabili ad occhio nudo. L'approccio interdisciplinare adottato integra dati storici, archeologici e geometrici, fornendo una visione complessiva e articolata del fenomeno studiato.
        Le metodologie sviluppate sono state applicate a diversi casi studio significativi, tra cui il Mausoleo di Galla Placidia, Santa Maria di Casaranello (Casarano, Lecce), il Battistero di San Giovanni in Fonte (Napoli) e il Martyrion di Vicenza. Partendo dai dati di rilievo del Mausoleo di Galla Placidia, sono state prodotte restituzioni bidimensionali che hanno permesso di analizzare la disposizione delle stelle sulla cupola. Se inizialmente la distribuzione appariva organizzata in cerchi concentrici appartenenti a piani orizzontali, un'analisi più approfondita ha rivelato la presenza di curve sghembe, suggerendo l’esistenza di una tecnica di tracciamento geometrico ben definita. La presenza di tali geometrie complesse nell'architettura antica non deve stupire, dato l'interesse per forme simili già in epoca classica.
        Nel caso del cielo stellato di Galla Placidia, il primo elemento analizzato è la superficie stessa della cupola, le cui matrici geometriche non sono immediatamente riconoscibili. La complessità della superficie ha richiesto l'uso di tecniche avanzate per la sua rigorosa documentazione. In secondo luogo è stato individuato un sistema di coni circolari retti con asse verticale grazie al quale è stato possibile disporre ordinatamente gli elementi decorativi. L'analisi ha mostrato infatti che la distribuzione delle stelle lungo la superficie della volta è stata realizzata tramite un processo che, successivamente, verrà codificato come "proiezione centrale". L'operazione di intersezione restituisce un sistema di curve distinte, con lunghezze crescenti e andamenti sempre più pronunciati, che non sono percepibili ad occhio nudo.
        Questa tecnica di tracciamento (con alcune variazioni sulla posizione del vertice del cono) è stata applicata anche ai cieli stellati di Santa Maria di Casaranello (Casarano, Lecce), del Battistero di San Giovanni in Fonte (Napoli) e al Martyrion di Vicenza. Tutti questi casi confermano l'uso di un principio geometrico comune, probabilmente realizzato con strumenti e tecniche avanzate per l'epoca, come il Triquetro di Tolomeo e la relativa Tavola delle Corde. Sebbene questi strumenti fossero semplici rispetto alle moderne tecnologie, permettevano di effettuare misurazioni angolari e calcoli trigonometrici con una precisione sorprendente.

        Speaker: Prof. Manuela Incerti (università degli Studi di Ferrara)
    • Pausa caffé Aula Cocchiara

      Aula Cocchiara

      CNR, Area Territoriale della Ricerca di Palermo

      Via Ugo la Malfa, 153, 90146 Palermo PA
    • Astronomia, Architettura e Urbanistica Chair: Paolo Molaro

      Chair: Paolo Molaro

      Interventi degli invited da 40 minuti (35 di talk più 5 di domande), normali da 30 minuti (25 di talk più 5 di domande).

      • 25
        Misurare il corso del Sole, fondare la città: il caso studio di Augusta Taurinorum

        Le indagini multidisciplinari volte a interrelazionare archeologia, fonti letterarie e scienza antica hanno evidenziato, attraverso lo studio di casi campione, una stretta relazione tra l’atto del dedurre/fondare e la misurazione del corso del Sole. Tale misurazione era essenziale per determinare il corretto orientamento della città, in funzione di una molteplicità di ragioni: corretta insolazione, salubrità, comfort abitativo, esigenze inaugurali o propagandistiche.
        Esempi emblematici sono Augusta Pretoria, Augusta Taurinorum (età romana imperiale) e Kaunia/Marzabotto (età etrusca), dove si osserva un’attenzione particolare agli effetti provocati da ostacoli all’orizzonte capaci di ritardare il sorgere o anticipare il calare del Sole.
        L’argomento, ampiamente trattato dai gromatici — in particolare Igino e Sesto Giulio Frontino — trova riscontro pratico nella progettazione urbana della città antica. Anche Vitruvio, nel Libro IX del De Architectura, dedica ampio spazio alla costruzione e al funzionamento degli orologi solari e degli gnomoni, dimostrando l’importanza di questo strumento nella pratica degli architetti dell’età greco-romana.
        In particolare, il presente contributo si propone di sottolineare le relazioni teoretiche tra progettazione urbana e ars gnomonica, relazionando le fonti antiche e la ricostruzione del cielo antico con le evidenze archeologiche di Augusta Taurinorum.

        Speaker: Mariateresa Crosta (Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF))
    • Etnoastronomia, Astronomia e Sociologia, Politica e diritto Chair: Paola Capponi

      Chair: Paola Capponi

      Interventi degli invited da 40 minuti (35 di talk più 5 di domande), normali da 30 minuti (25 di talk più 5 di domande).

      Chair: TBD

      • 26
        Il valore della variabilità e della diversità dei significati astronomici dati agli stessi oggetti astronomici

        Come la biodiversità è un bene prezioso che riguarda la salute del pianeta con la sua molteplicità di specie di viventi, così la variabilità e la molteplicità dei significati di uno stesso oggetto culturale sono una ricchezza a cui prestare attenzione e da salvaguardare sul piano culturale, sociale e di salute del genere umano. A mio avviso quindi la variabilità di significati e di concezioni legate agli enti astronomici, che si genera nel tempo e nello spazio è un valore prezioso per l’astronomia culturale. La variabilità genetica riguarda il singolo animale/individuo in ogni specie: in astronomia è il complesso di conoscenze e relazioni che un gruppo stabilisce con un corpo celeste.
        Le diversità sono legate a loro volta a latitudini e ambienti fisici diversi, a costumi studiati dall’Antropologia presenti in culture diverse, a ciò che per ogni gruppo umano ha valore, a ciò che è presente nell’ambiente e che accade e si osserva nelle relazioni tra cielo e Terra.
        Ancora una volta ci chiediamo quale è il potere che opera scelte accolte dalla “la comunità scientifica” che si identifica in soggetti diversi in ogni caso. Ad esempio, le costellazioni riconosciute oggi sono quelle selezionate, accorpate e rimaste in seguito a cancellazioni, operate dagli astronomi nord-occidentali nel 1922 a Roma durante il congresso dell’IAU. Ma precedentemente molte costellazioni hanno subito simili vicende: basta pesare al cielo cristianizzato di Cellarius e Schiller del XVII secolo e alla violenta intromissione di Lacaille nelle denominazioni del cielo boreale.
        In particolare, analizzo diversi accorpamenti di stelle in costellazioni, i loro nomi (con i rispettivi significati mitologici, simbolici e valoriali) e le rispettive mappe celesti ed alcune mappe della Terra legate alla considerazione di diversi popoli, non solo europei, rispetto a “gli altri”.
        Per questa ricerca è particolarmente prezioso il recente Atlante di Schrott (Hanser 2024) presentato nell’articolo “Le costellazioni degli altri” (Internazionale del 1 agosto 2025, pag 56-64) che rivela topologie diverse, utilità pratica, cosmogonie diverse, di 17 culture diverse lontane dalla prospettiva moderna e eurocentrica.
        L’antropologia e l’etnoastronomia reputano tutto ciò come un valore da recuperare, da non perdere, da conoscere, con una sua dignità e di arricchimento per la cultura umana.

        • Camino N., Lanciano N., 2004, Le orme del choike, una costellazione patagonica;, Atti del II Congresso della Società Italiana di Archeoastronomia, Monteporzio Catone (Roma) a cura di M. Calisi, settembre 2002, Cusl, Milano, p 83-89
        • Lanciano N., Montinaro R., I nomi della Via Lattea, Atti del Convegno di Studi – XI Borsa Mediterranea Turismo Archeologico – Paestum (SA) novembre 2008
        • Lanciano N., (2022) Atti SIA Bari 2019 XIX Convegno della Società Italiana di Archeoastronomia, Università di Bari, 10-12 ottobre 2019 “Il calendario agro-festivo dei nativi dell’Equador e altre tradizioni astronomiche sud-americane delle zone Tropicali.”pp 276-290, Padova UP
        • Atlas der Sternenhimmel und Schöpfungsmythen der Menschheit, Raoul Scrott, Hanser 2024
        • Giorgio De Santillana e Hertha von Dechend, Il mulino di Amleto Saggio sul mito e sulla struttura del tempo, Adelphi 1983 (Stati Uniti nel 1969)
        Speaker: Prof. Nicoletta Lanciano (Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF))
      • 27
        DA LUOGO DI EDUCAZIONE SCIENTIFICA A SPAZIO DI ESPLORAZIONE MULTIDISCIPLINARE: L’EVOLUZIONE DEI PLANETARI E LA SFIDA DELLA CITTADINANZA SCIENTIFICA

        In cento anni dalla loro invenzione, i planetari hanno attraversato fasi alterne di richiamo e di oblio nel rapporto col pubblico. In particolare, la rivoluzione digitale iniziata negli anni ’80 ha portato le sale dei planetari a ridefinire la loro funzione, sia come strumenti di comunicazione scientifica che come luoghi di aggregazione sociale.
        È interessante analizzare questa evoluzione storica, a partire dal concetto iniziale di Oskar von Miller per l’allestimento del primo planetario al Deutsches Museum, e dalla meccanica dei grandi proiettori Zeiss, per seguire in parallelo alle trasformazioni tecnologiche – e ai progressi dell’astrofisica - come è mutata la fruizione del pubblico, la rappresentazione dell’universo e la narrazione dell’astronomia. Nel mio intervento ricostruirò alcune tracce di questa storia centenaria dagli archivi e dall’attività presente del Planetario di Roma.
        Il processo di trasformazione del ruolo dei planetari nella società punta a un coinvolgimento crescente di discipline differenti nella proposta culturale per il pubblico, a partire dalla composizione degli spettacoli astronomici, tanto da ridefinire gli operatori dei planetari con una figura professionale distinta, quella dei planetaristi.
        Il carattere multidisciplinare della narrazione e quello immersivo dell’esperienza del planetario coinvolgono il pubblico in un’esplorazione soggettiva dello spazio, e in prospettiva aprono nuove possibilità al dialogo fra scienza e società, preziose per la costruzione di una diffusa cittadinanza scientifica.

        Speaker: Stefano Giovanardi (Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF))
    • Pausa pranzo Aula Cocchiara

      Aula Cocchiara

      CNR, Area Territoriale della Ricerca di Palermo

      Via Ugo la Malfa, 153, 90146 Palermo PA
    • Etnoastronomia, Astronomia e Sociologia, Politica e diritto Chair: Paola Capponi

      Chair: Paola Capponi

      Interventi degli invited da 40 minuti (35 di talk più 5 di domande), normali da 30 minuti (25 di talk più 5 di domande).

      Chair: TBD

      • 28
        Il Cielo nei Tarocchi tra mito e arte

        I Tarocchi rappresentano un fenomeno culturale diffuso e degno di considerazione, sia a livello nazionale sia internazionale, in quanto pur affondando le radici nella storia antica e finanche nel mito, sono ancora presenti oggi in diverse società sia sotto forma di gioco, sia di strumento divinatorio, sia di espressione artistica. La loro relazione col mondo dell’astronomia non è immediatamente percepibile, eppure è un fatto importante che tra gli Arcani Maggiori (le carte principali del mazzo) troviamo rappresentate una Stella, il Sole e la Luna. Il Cielo entra dunque nell’iconografia dei Tarocchi attraverso una metonimia (una parte per il tutto) che al di là del valore simbolico si fa strumento di conoscenza e di previsione.
        La mia indagine si colloca a pieno titolo nell’astronomia culturale in quanto le stelle, il sole e la luna sono utilizzate in quasi tutte le culture e mitologie per indicare appunto il Cielo e ciò che contiene, e mentre ne I Ching (di origine taoista) il Cielo compare senza mediazione (esagramma 1, principio paterno, opposto al 2, Terra, principio materno), nei Tarocchi supera il binarismo scomponendosi in tre qualità principali: oltre al principio paterno-materno (o maschile-femminile, sole-luna), troviamo le stelle o costellazioni, cioè lo strumento con cui il Cielo guida il viandante, o il navigante, o il pellegrino, a scrutare il firmamento quando scendono le tenebre sulla Terra.
        In questa prospettiva, il presente contributo – che può riferirsi sia alla sessione Astronomia e Arte sia alla sessione Astronomia, Religioni, Mito – propone una lettura degli Arcani Maggiori La Stella (XVII), La Luna (XVIII) e Il Sole (XIX) come strumento con cui l’uomo si relaziona al Cosmo. Vedremo come queste tre carte – che evocano corpi celesti realmente osservabili e studiati in astronomia e astrofisica – racchiudono una stratificazione di significati che attraversano la storia del pensiero mitico, astrologico, filosofico e psicologico.

        Speaker: Marco Monari (Ricercatore indipendente)
      • 29
        Le Pleiadi nelle cosmologie del Sud e dialoghi educativi interculturali

        Le Pleiadi, costituiscono uno degli ammassi stellari più ricchi culturalmente e più ampiamente osservati del cielo notturno. La loro marcata visibilità e il movimento apparente durante l’anno hanno ispirato molteplici narrazioni e pratiche astronomiche tra diversi popoli e in differenti epoche.
        Tra i Moqoit, le Pleiadi, conosciute come Lapilalaxachi, occupano un posto centrale nella cosmovisione e nei cicli naturali. La loro apparizione segna il periodo di nidificazione dei nandù e l’inizio della stagione di caccia, articolando pratiche di osservazione celeste, ritmi ecologici e rituali comunitari. L’astronomia si integra così in una comprensione ciclica della vita e del territorio.
        Nella cultura Xhosa, le Pleiadi sono chiamate isiLimela e indicano il rinnovamento del ciclo annuale. Quando l’ammasso diventa visibile sull’orizzonte orientale al crepuscolo, nel mese di giugno, esso annuncia l’inizio delle piogge e la preparazione della terra per la semina. L’evento astronomico assume quindi un valore rituale, agricolo e sociale, simbolizzando il ricominciare e l’armonia con i cicli naturali.
        Per i Gundungurra, popolo delle Blue Mountains, le Pleiadi rappresentano un gruppo di giovani sorelle trasformate in uccelli e poi in stelle. La narrazione include temi di persecuzione, fuga e ascensione al firmamento, riflettendo aspetti delle relazioni di genere e della vita sociale di questo popolo. La storia delle sorelle celesti esprime simbolicamente la connessione tra i mondi terreno e celeste e la permanenza della memoria ancestrale nel cielo.
        Percorsi per decolonizzare il cielo
        L’astronomia occidentale, lungo la sua storia, è stata guidata da narrazioni eurocentriche che hanno marginalizzato i saperi astronomici indigeni, africani e aborigeni. Decolonizzare il cielo significa mettere in discussione tali gerarchie epistemiche e promuovere il riconoscimento di razionalità multiple nella lettura del cosmo. La valorizzazione delle tradizioni astronomiche dei Moqoit, degli Xhosa e dei Gundungurra sfida la colonialità del sapere e il razzismo epistemico (Maldonado-Torres, 2008), contribuendo a una formazione scientifica pluralista e radicata ecologicamente.
        Dare visibilità alle diverse narrazioni sulle Pleiadi nell’emisfero australe è, quindi, un atto di resistenza e di preservazione culturale . Queste storie esprimono modi plurali di comprendere l’universo e rivelano che il cielo è anche un territorio di dispute simboliche ed epistemologiche. Riconoscere tali cosmologie non è soltanto un gesto di valorizzazione culturale, ma un passo fondamentale nella costruzione di una scienza pluralista e decoloniale.
        Narrazioni locali ed educazione all’astronomia
        In ambito educativo, riconoscere la diversità delle letture del cielo è altrettanto essenziale. Narrazioni troppo distanti dalle realtà locali, come quelle spesso importate dagli emisferi nordici e occidentali, possono generare disinteresse e allontanare le persone dai propri cieli. L’insegnamento e l’apprendimento dell’astronomia devono articolarsi con l’ambiente circostante, con il paesaggio, con la cultura e con le coordinate geografiche che determinano ciò che si vede e si comprende della volta celeste. Le narrazioni, in questo senso, sono elementi centrali nella costruzione del sapere: esse connettono la conoscenza scientifica all’esperienza vissuta, rafforzando legami identitari e culturali con il territorio. Promuovere un’educazione al cielo situata e sensibile alle cosmologie del Sud rappresenta, pertanto, una parte fondamentale del processo di decolonizzazione dei saperi.

        Speaker: Cristina Leite (USP and UNIBO)
      • 30
        Tra mare e cielo. L’origine geopolitica delle imprese spaziali americane

        Benché le imprese di colonizzazione dello spazio durante gli anni ’50 e ’60 siano state spesso presentate e percepite come una sfida storica del tutto nuova, esse avevano in realtà radici geopolitiche profonde.
        Come si tenterà di mostrare, la visione americana circa il senso e il valore dello spazio esterno è legata alla storia dell’epoca moderna: ai paradigmi spaziali della geostrategia navale, alla forma assunta dal potere globale della talassocrazia inglese, al modo in cui gli Stati Uniti si sono fatti interpreti e legittimi eredi di questa lunga storia. L’intervento si propone pertanto di mostrare l’influenza dell’età del mare sulle politiche spaziali americane.
        La premessa di tale discorso è che l’incontrastato primato spaziale e strategico del mare non si è affatto concluso, come è stato spesso scritto, con l’ascesa dell’aviazione. Esso risorge in forma nuova quando la competizione per il dominio dello spazio globale si sposta in un’altra dimensione, quella dello spazio extraterrestre.
        Ricostruire l’eredità giuridica e geo-strategica del mare rispetto alle imprese spaziali degli anni ’50 e ’60 è dunque essenziale per comprendere sia i paradigmi dentro i quali hanno preso forma le politiche spaziali americane, sia le origini giuridiche dell’outerspace.
        In questa luce, l’intervento mostrerà innazitutto l’influenza che le tesi dell’ammiraglio Mahan (il primo grande teorico americano dello Seepower) hanno avuto su alcune figure chiave della storia dell’esplorazione spaziale americana, come l’ingegnere Dandrige MacFarlan Cole e il Presidente Lyndon B. Johnson. Inoltre si discuteranno alcuni aspetti giuridici che collegano – in modo spesso problematico e irrisolto – lo spazio marittimo a quello extraterrestre.

        Speaker: Matteo Vegetti (Università della Svizzera Italiana)
    • Astronomia e Musica Chair: Angelo Adamo

      Chair: Angelo Adamo

      Interventi degli invited da 40 minuti (35 di talk più 5 di domande), normali da 30 minuti (25 di talk più 5 di domande).

      Chair: TBD

      • 31
        Le dimensioni aurali del firmamento. I dati astronomici tra sonificazione e musicazione.

        L’intervento esamina le relazioni tra numeri, musica e astronomia, con particolare attenzione alla trasformazione di dati astronomici in suono. Vengono introdotte le principali modalità di traduzione sonora — auditory display, audification, sonification e musication — con un approfondimento sul concetto di sonificazione e sul “continuo della sonificazione” (Mermikides, 2025), distinguendolo dalla musicazione nel contesto delle scienze astronomiche. Viene presentato un confronto tra diversi approcci alla sonificazione con l’esempio della magnitudo stellare in lavori di John Cage, nel progetto The Audible Universe e il brano dell’autore Carillon.
        La discussione si concentra successivamente sull’ascolto come esperienza costitutiva della rappresentazione sonora, introducendo i concetti di distinzione e dimensione. Diverse tipologie dimensionali vengono analizzate attraverso opere compositive, in particolare Ordo Coelestis, che esplora magnitudo e coordinate stellari nella loro dimensione aurale. Infine, l’attenzione si rivolge all’integrazione della sonificazione nel contesto musicale, mediante un modello di segregazione e codifica della componente sonificata ispirato al paradigma Shannon-Weaver, applicato a lavori quali Andromeda e Crossing. In conclusione, si propone l’esempio di Le grotte della Luna, in cui si presenta la possibilità di sovrapporre, nello stesso processo sonoro, la dimensione empirica dei dati astronomici e la loro interpretazione immaginale.

        Speaker: Massimiliano Viel (Conservatorio di Milano)
    • Astronomia e Teologia, Mito, Misticismo Chair: Matteo Vegetti

      Chair: Matteo Vegetti

      Interventi degli invited da 40 minuti (35 di talk più 5 di domande), normali da 30 minuti (25 di talk più 5 di domande).

      Chair: TBD

      • 32
        Nei racconti del mito i nomi del mondo.

        Il mito attraversa il cielo in molteplici forme: dai miti classici che dettano i nomi di gran parte delle costellazioni dell’emisfero boreale ai miti di culture e lingue che non hanno lasciato traccia nell’elenco ufficiale delle ottantotto costellazioni. Nomi legati a racconti mitologici sono presenti nella nomenclatura celeste scientifica più recente definita dall'Unione Astronomica Internazionale.

        Attingendo a fonti dell’Antico così come del Nuovo mondo, si traccia un percorso teso a rilevare alcune delle forme con cui il mito continua a plasmare l’immaginario celeste.

        Speaker: Dr Paola Capponi (Università degli Studi di Torino)
      • 33
        Teologia e astronomia: L’insegnamento teologico nei dipartimenti scientifici

        Il “Silete theologi in munere alieno” che Alberico Gentili nel XVI sec. pronunciò per intimare ai teologi di non occuparsi di diritto, ha riguardato anche la filosofia, ed oggi il medesimo ostracismo culturale viene messo in atto, almeno da parte di alcuni influenti scienziati, a favore della scienza. Non ci sarebbero margini, in questo caso, per alcuna forma di dialogo tra teologia e scienze. Eppure da più parti vengono sempre più cercate e perseguite vie di confronto critico tra la Teologia e le diverse scienze, in particolare l'astronomia, per affrontare questioni che di per sé richiedono un approccio interdisciplinare e transdisciplinare. Alla luce di queste premesse si intende non solo presentare il ruolo storico che la Teologia, unitamente alla filosofia e all'epistemologia, ha ricoperto nell'ambito dell'insegnamento universitario, ma anche chiarire alcune delle ragioni per cui le sue istanze potrebbero risultare ancora molto utili specialmente per l'insegnamento dell'astronomia nelle università statali.

        Speaker: Prof. francesco brancato (università cattolica Sacro Cuore (Milano))
      • 34
        Fred Hoyle e la legge di creazione dell'universo

        Nel 1948, Fred Hoyle propose come teoria alternativa al big bang una soluzione radicale che voleva evitare l’origine singolare dell’universo: l’origine stessa doveva essere la conseguenza di una legge naturale. L’origine della materia era da pensarsi nei termini dell’esistenza di un campo fisico-cosmico di creazione, C-field, a energia e pressione negative. Si dovevano modificare le equazioni di campo della relatività generale introducendo un nuovo termine in cui figurasse il campo di creazione: questo permetteva di soddisfare il cosiddetto “principio cosmologico perfetto”, che postulava l’omogeneità e l’isotropia dell’universo non solo nello spazio, ma anche nel tempo. Si trattava sostanzialmente di garantire non solo l’eternità dell’universo, ma anche la sua identità strutturale, come densità costante delle galassie nel tempo: per quanto temporale e in espansione, l’universo non era realmente evolutivo. Mantenere costante nel tempo la densità delle galassie implicava una creazione continua di altra materia a un tasso temporale opportuno che compensasse il reciproco allontanamento delle galassie per l’espansione dell’universo. L’autonomia della Natura passava attraverso una “creazione continua”, anche se non nel senso storico di Leibniz, ma senza una violazione esplicita del principio di conservazione dell’energia.
        Chiaramente, questa teoria di Hoyle va considerata come non legata a motivi sperimentali cogenti, ma piuttosto una costruzione epistemologica avversa a una certa teologia della creazione nella singolarità temporale di un inizio, e all’opposto come una cosmologia in cui la legge di auto-creazione dell’universo costituisce la teoria fisico-cosmologica come una teoria razionale matematica completa, del tutto autonoma da qualsiasi rimando a una teologia esterna o alla fede. Nella teoria di Hoyle il campo di creazione si presenta come un “trascendentale oggettivo”. La successiva cosmologia quantistica cambiò completamente la prospettiva sull’origine dell’universo.

        Speaker: enrico giannetto (Università di Bergamo)
      • 35
        Precessione in 1 Enoch?

        Il primo Libro di Enoch, o 1 Enoch, è il risultato di una redazione, risalente al I sec. ca., di diverse fonti riunite in modo non sempre omogeneo. Il suo tema principale è la punizione divina dei peccatori, siano essi umani o angelici.

        L’intervento si propone di mostrare che 1 Enoch potrebbe contenere riferimenti al fenomeno della precessione. Si è usato il termine “fenomeno” e non “concetto”, perché non risulta che, nel testo, la precessione sia considerata come un fenomeno ricorrente, tantomeno quantificato o calcolato.

        Più semplicemente, si ipotizza che i redattori di 1 Enoch, o gli autori delle fonti da esso usate, si siano resi conto che le Pleiadi non erano più affidabili come indicatori calendariali, come invece accadeva nei testi cosmologici babilonesi, che gli anonimi autori delle fonti di 1 Enoch sembrano conoscere.

        La tesi di fondo, già sostenuta in uno studio precedente apparso in tedesco (per cui v. bibliografia) e che, forse per questo motivo, non ha ricevuto sufficiente attenzione, è che il racconto degli angeli caduti (che 1 Enoch chiama “Vigilanti”), della loro ribellione e successiva punizione, sia una mitologizzazione del fenomeno della precessione, nello specifico del fatto che le Pleiadi non sorgevano ormai più in un momento utile per predire l’inizio o la fine di una determinata stagione.

        L’intervento intende corroborare ulteriormente tale tesi, presentando a supporto ulteriori studi pubblicati nel frattempo, riguardanti la valenza delle Pleiadi nella cosmologia e nel calendario babilonesi, e proponendo una rilettura di diversi passi biblici che sembrano puntare all’ipotesi di una possibile caratteristica del cosmo biblico finora trascurata.

        1 Enoch sarà quindi riletto nel contesto di cosmologie precedenti, con le quali presenta legami già dimostrati. Si confermerà ancora una volta come 1 Enoch intenda colmare delle lacune narrative di alcuni passi biblici particolarmente oscuri e criptici, usandoli a fini omiletici e moraleggianti.

        BIBLIOGRAFIA:

        – Albani, M., “‘Der das Siebengestirn und den Orion macht’ (Am 5,8): Zur Bedeutung der Plejaden in der israelitschen Religionsgeschichte”, in B. Janowski, M. Köckert (a c.), “Religions­geschichte Israels: Formale und materiale Aspekte”, Chr. Kaiser/Gütersloher, Gütersloh 1999, pp. 139–207.

        – Houtman, C., “Der Himmel im Alten Testament. Israels Weltbild und Weltanschauung”, Brill, Leiden - New York - Köln 1993.

        – Renzi-Sepe, M.T., “The Perception of the Pleiades in Mesopotamian Culture”, Harrassowitz Verlag, Wiesbaden, 2023.

        – Sacchi, P., (a c.), “Apocrifi dell’Antico Testamento”, UTET, Torino 2006.

        – VanderKam, J. C., “Enoch and the Growth of an Apocalyptic Tradition”, Catholic Biblical Association of America, Washington D.C., 1984.

        Speaker: Giuseppe Cuscito
    • Pausa caffé Aula Cocchiara

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    • Tavola Rotonda: L'astronomia Culturale a un anno di distanza dal Primo Congresso - consuntivi, novità, proposte Aula Cocchiara

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    • Fine congresso Aula Cocchiara

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