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Description
Nell’astronomia di oggi, per rappresentare gli assi e le coordinate celesti, facciamo uso di entità geometriche astratte, inanimate (rette, cerchi); i nostri antenati remoti utilizzavano invece simili organici, suggeriti dal mondo naturale. Uno di questi è l’albero celeste, presente, nelle sue diverse forme, nelle culture antichissime pressochè in ogni parte del mondo. Una delle varianti più comuni è l’albero immenso (e invisibile) piantato a Est, che cresce verso l’orizzonte opposto trascinando con sè stelle e costellazioni come fossero frutti e animali accomodati fra i suoi rami: una metafora intuitiva ed efficace del moto diurno apparente della sfera celeste, che implica fra l’altro, grazie al verso di crescita dell’albero, una suggestione dinamica e direzionale.
Raramente, peraltro, la descrizione del cieli implicava un unico vegetale; più spesso, ci si imbatte in insiemi di più alberi, che andavano a comporre interi e ben strutturati giardini.
Questi alberi e giardini dei cieli hanno lasciato nelle arti visive e nelle mitologie di tutto il mondo tracce molto più diffuse e persistenti di quanto potremmo immaginare. Li troviamo però pressochè ovunque ormai disconnessi dall’originaria radice astronomica; e manca, al momento, una trattazione unitaria sull’argomento. Attraverso esempi iconografici, si delinea qui la traccia di una possibile ricerca futura atta a rimettere in luce i nessi dimenticati.