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Giovanni Virginio Schiaparelli e Lorenzo Respighi erano quasi coetanei, uno piemontese del 1835, l’altro emiliano, di dieci anni più vecchio. I due iniziano la loro corrispondenza nella primavera del 1861: il primo, da poco tornato dal soggiorno di studio a Berlino e a San Pietroburgo, era secondo astronomo a Brera; il secondo, invece, era professore ordinario di Astronomia e Ottica all’Università di Bologna e direttore dell’Osservatorio astronomico di quella città. Prima di questa data - il 1861 appunto, anno nel quale tra l’altro Schiaparelli scoprì l’asteroide Esperia - Respighi aveva avuto già rapporti con la Specola di Brera, dove era stato ammesso nel 1852, durante la direzione di Francesco Carlini, per fare “pratico esercizio di strumenti e osservazioni astronomiche”.
Il carteggio tra Schiaparelli e Respighi si protrae fino al 1885 e si conclude definitivamente nel 1889 con l’annuncio della morte di quest’ultimo, comunicato a Brera dalla seconda moglie Virginia Salvaggi, seguito, pochi giorni dopo le esequie, da una lettera di Alfonso Di Legge nella quale si dà conto dell’ultima malattia dell’astronomo emiliano.
I rapporti tra i due scienziati vengono ricostruiti attraverso le fonti epistolari conservate presso l’archivio storico dell’Osservatorio astronomico di Brera a Milano e quelle nell’archivio storico dell’Osservatorio astronomico del Campidoglio a Roma, non essendo rimasto nulla a Bologna. Dal carteggio emergono, e verranno esaminati in questa relazione, gli argomenti sui quali i due si sono scritti, ma si cercherà anche di capire– come spesso capita quando si esaminano fonti epistolari – di cosa i due astronomi non parlano nelle loro lettere.