presentano
14 dicembre 2022, Sala Righini-Bonelli del Museo Galileo, Firenze
15 dicembre 2022, Loc. Quarata, Arezzo
Il 3 dicembre 2021 è prematuramente scomparso Paolo Brenni, grande esperto di strumenti scientifici dal primo Settecento alla metà del Novecento.
Svizzero di nascita, Brenni ha sempre considerato l'Italia come la sua seconda patria; ha infatti collaborato con tantissime istituzioni italiane, sia pubbliche che private - musei, università, scuole - nello studio, restauro e valorizzazione delle loro raccolte di strumenti scientifici.
A un anno dalla dipartita, per celebrare Paolo Brenni come uno dei loro membri e collaboratori più attivi, la Società Italiana degli Storici della Fisica e dell'Astronomia (SISFA) e il Museo Galileo di Firenze, con il patrocinio della Società Italiana di Storia della Scienza (SISS), organizzano per il 14 dicembre 2022 una giornata dedicata ai diversi aspetti dello studio degli strumenti scientifici e dei loro costruttori, nonché ai problemi che spesso affliggono le raccolte museali.
La giornata sarà seguita, il 15 dicembre, da un evento commemorativo curato dal Museo dei Mezzi di Comunicazione (MUMEC) di Arezzo.
Roberto Ferrari, Direttore Esecutivo del Museo Galileo -
Salvatore Esposito, Presidente della SISFA -
Filippo Camerota, Direttore Scientifico del Museo Galileo -
Paolo Galluzzi, Presidente Onorario del Museo Galileo
Paolo è stato un punto di riferimento per tutta la comunità di studiosi e appassionati di strumenti scientifici di interesse storico, per me anche un amico fraterno. La sua biografia, che cercherò di ripercorrere in questa presentazione, ha delle peculiarità, che contribuiscono a fornire il quadro delle sue speciali competenze, ed è stata certamente influenzata dal suo talento. L’inizio del nostro lavoro insieme risale agli anni ’80 del Novecento ed ha avuto come scenario principale il restauro degli strumenti scientifici, un settore per il quale ci accumunava una profonda passione. Attraverso la ricostruzione del lavoro pionieristico di quegli anni e la sua evoluzione intendo far emergere spunti di riflessione ancora attuali che Paolo ha avuto il merito di mettere a fuoco precocemente contribuendo così a fondare una metodologia di lavoro e di studio degli strumenti scientifici.
Appare chiaro dalle molteplici commemorazioni che Paolo ha lasciato un ricordo speciale in tanti amici, colleghi, istituzioni. Ognuno di noi è rimasto legato al suo modo generoso di collaborare, alla sua completa dedizione alla specifica attività in corso, anche se queste attività si alternavano con frequenza impressionante, ma sempre con risultati qualitativi e quantitativi notevolissimi. Alla fine del 1981 Paolo, allora giovane neolaureato, ha iniziato a collaborare con il gruppo di Storia della Fisica del Dipartimento di Fisica “A.Volta”, e la collaborazione era ancora in corso dopo quaranta anni nel 2021. Ricorderemo qui brevemente alcuni di questi momenti, dallo studio e sistemazione degli strumenti del Gabinetto di Volta, a quelli del Gabinetto di Fisica dell'Ottocento del Museo per la Storia dell'Università, poi parte del Sistema Museale d’Ateneo, a quelli, importanti, di alcuni licei; dalle celebrazioni voltiane del 1999, alla ricostruzione dell’acceleratore Cockroft-Walton di Rita Brunetti. Notevole anche la partecipazione di Paolo alle organizzazioni scientifiche internazionali come la DHST e il Gruppo Interdivisionale di Fisica dell’EPS. Più recentemente a Pavia Paolo ha partecipato a progetti di diffusione della cultura scientifica basati sulla strumentazione storica di fisica e allo studio degli strumenti del ‘900 del Museo di Fisica.
Richiamiamo in questo intervento alcuni importanti contributi scientifici di Paolo Brenni ai quali siamo più vicini per averli affiancati collaborando direttamente con lui o anche solo beneficiandone attraverso i risultati e le stimolanti discussioni che era sempre pronto a scambiare. Ci riferiamo più specificamente al lavoro di riordino, nuovo allestimento e approfondimento che, con il suo apporto determinante, è stato possibile condurre sulla ricchissima collezione di strumenti di fisica, settecenteschi e ottocenteschi, del Museo per la Storia dell’Università di Pavia. Il ritrovamento e lo studio di due cataloghi (1790 e 1818), con lui subito condivisi, ha permesso in particolare di selezionare gli strumenti effettivamente appartenuti al Gabinetto di Fisica di Alessandro Volta e di collocarli nell’attuale nuovo allestimento realizzato per il bicentenario (1999) dell’invenzione della pila. L’effettiva eredità materiale voltiana sopravvissuta a Pavia è stata così identificata e grandemente ampliata rispetto al ben più ristretto corpus di “cimeli” consegnati dalla tradizione (includendovi tra l’altro qualche pezzo spurio non attribuibile a Volta). Si segnalano le pubblicazioni in cui questo prezioso lavoro è stato presentato e successivamente sfruttato per ulteriori approfondimenti collaborando ancora con lui o anche in forma indipendente.
When Paolo Brenni moved his first steps in the world of historical scientific instruments, he met Gerald L’Estrange Turner, one of the ‘sacred monsters’ in this field of studies. Turner was still imbibed of “antiquarianism”, a particularly fortunate approach to scientific instruments (and not only). An instrument had to speak for itself, in its own language, to reveal, first of all, its authenticity, and then its author, provenance and historical (but also market) value. Turner, whose influence Brenni often acknowledged, was himself at a turning point: perhaps, antiquarianism had limits. Who better than Brenni has been able to demonstrate what such limits were? During his career - and in part also because of his historical field of expertise, from late eighteenth to early twentieth centuries - he always managed to interconnect a single item with multiple sources. Each historical scientific instrument depends on the scientific enterprise in its broadest sense. An instrument is related to experiments, and therefore to laboratories, and therefore to the scientists and their publications. But it also had one or more makers, and therefore came from a single individual, a company or multiple workshops, which in turn had ties and rivalries with other workshops and companies. It had a use, that sometimes can be replicated in order to understand something on its purpose, which could be scientific, educational, purely intellectual, and even political. It also could have been figured and explained in all its minimal components. It had a market and a selling price. It could be a single entity, or one of a lot. It had a number of actual or potential buyers at very different social levels and in different countries. It had a story made of use, misuse and disuse, and another story of conservation and exhibition in personal collections, public fairs, temporary exhibitions and museums. What emerges from Paolo Brenni’s work is, more than the instrument’s limited ability to speak its own language, its collocation at the focal point of many different languages.
When I started working at the Institute and Museum of the History of Science in the 1970s, scientific instruments did not enjoy particular attention. Even less the technical material outdated and discarded. In the Eighties, initiatives aimed at changing this state of things started from the same Florentine institute. Paolo came to the museum in those years and since then we have worked together on many fronts for a long time. My talk aims to illustrate Paolo's contribution to the museum and to his initiatives over the years.
In ricordo di Paolo Brenni, saranno ripercorse alcune tappe che hanno consolidato l’attività scientifica dedicata alle collezioni del museo, dal catalogo alle pubblicazioni sulla storia dell’istituzione, fino alla costituzione dell’Osservatorio sul Patrimonio Scientifico e Tecnologico, che si pone l’obiettivo più generale di promuovere progetti di ricerca sulla specificità storico culturale di questo patrimonio e sulla sua potenzialità educativa e sociale, nonché sui temi della conservazione, della documentazione e della tutela.
This talk comes from a discussion I had with Paolo Brenni many years ago. Between 1849 and 1862, the Geneva physicist Auguste de la Rive (1801-1873) developed his explanatory theoretical model concerning the functioning mechanism of the Northern and Southern Lights. To support his theoretical ideas, de la Rive devised two spectacular scientific apparatuses whose function was to visually reproduce, on a small scale, the movements and multiform colours of auroras on a large scale. The first apparatus of 1849 was an ingenious modification of the electric egg, better known as the philosophical egg. It had good commercial success throughout the nineteenth and the first half of the twentieth century. The second, more sophisticated apparatus, devised in 1862, had little commercial success; today, only a few specimens are known worldwide.
L'Osservatorio di Palermo ha avuto il privilegio di avere avuto tutti i suoi principali telescopi storici restaurati da Paolo Brenni. Questo denota un rapporto speciale tra questa istituzione e Paolo. In questo intervento, saranno ricostruiti i vari passaggi che hanno portato a questa collaborazione e saranno presentati i lavori di restauro da lui eseguiti all'Osservatorio.
Nel 1865 due fisici tedeschi, Wilhelm Holtz e August Toepler, idearono dei generatori elettrostatici di nuova concezione, presentati come evoluzione dell’elettroforo di Volta. A partire dai loro contributi si generò una vera e propria proliferazione di ricerche in questo campo. La maggior parte degli studi riguardò possibili perfezionamenti da apportare agli strumenti. D’altro canto, un cambiamento così radicale nella tecnologia dei generatori ad alta tensione non può essere considerato solo un fatto tecnico, soprattutto perché quelle macchine erano in genere realizzate nei gabinetti come apparecchi dimostrativi o didattici, quindi per finalità principalmente scientifiche. La difficoltà di inquadrare tali macchine in una teoria elettrica generale contribuì a far eclissare questa tecnologia nel giro di pochi decenni, per poi vederla riemergere all’inizio del Novecento.
Nell’11° Scientific Instrument Symposium, tenuto a Bologna nel 1991, una nostra comunicazione presentava il panorama allora noto dei fabbricanti di strumenti scientifici che avevano lavorato in Piemonte fra Settecento e Ottocento. In quel momento il nostro riferimento erano le due pubblicazioni di Paolo Brenni, del 1985 e del 1986, sui fabbricanti italiani. Si era appena conclusa la mostra “Strumenti ritrovati” che aveva evidenziato la ricchezza – quasi totalmente ignorata – di cimeli della scienza che erano sopravvissuti nelle sedi di istituti universitari ed enti di ricerca torinesi, e il lavoro svolto per questa iniziativa aveva portato alla luce i nomi di 37 artigiani di cui erano state individuate le firme. Dal 1992 ha cominciato la sua attività l’Archivio Scientifico e Tecnologico dell’Università di Torino e si sono raccolte nuove notizie sui fabbricanti, considerando anche il Novecento, attualmente la catalogazione comprende 279 nomi, di cui 46 che hanno operato prevalentemente nel campo medico-chirurgico. Questi dati, ancora in fase di elaborazione, restituiscono l’immagine di un settore merceologico importante, con esempi di significative crescite industriali accanto al permanere di maestrie artigianali, sempre necessarie per le mutevoli e spesso imprevedibili esigenze delle scienze sperimentali.
Gli strumenti del Gabinetto di Fisica del Liceo Sarpi costituiscono una collezione di alto valore storico per la città di Bergamo. La loro valorizzazione è iniziata ormai quasi 25 anni fa, con la costituzione di un inventario storico dei circa 450 strumenti conservati negli armadi originali della sede del Liceo Sarpi, in Bergamo Alta. All’inventario è seguita la schedatura e la pubblicazione del catalogo. Fin da subito Paolo Brenni è stato disponibile, generoso nel dispensare il suo sapere, convinto come è sempre stato dell’importanza di far conoscere quello che, a torto, era considerato un patrimonio minore. Non solo profondo conoscitore della storia della Fisica e della strumentazione scientifica, ma anche abile restauratore. Suo è il restauro del Planetario di Giovanni Albrici, pregevole strumento costruito dal Macchinista del Collegio Mariano nel 1784. Nei progetti realizzati in seguito a Bergamo allo scopo di proseguire nella valorizzazione di tutti gli strumenti dell’antica istituzione scolastica, egli ha accettato volentieri di essere protagonista di alcune iniziative speciali: la realizzazione, insieme ai colleghi e amici Anna Giatti e Antonio Chiavacci di splendidi filmati di esperienze realizzate con l’antica strumentazione; la conduzione di “spettacoli scientifici” che vedevano protagoniste alcune storiche esperienze; il restauro della pompa costruita da Giovanni Albrici nel 1794 e conservata al Museo Caffi di Bergamo. L’intervento si concluderà con la presentazione di una ricerca riguardante gli antichi strumenti appartenenti al Seminario Vescovile Giovanni XXIII di Bergamo, frutto dell’interesse e dello studio scaturiti da quella prima collaborazione con Paolo Brenni.
Nel 1760 Maria Teresa D’Austria fa rientrare le classi e gli studi gestiti dai Gesuiti dal 1584 in una nuova istituzione chiamata Regio Arciducale Ginnasio. Pochi anni dopo il piano di studi si arricchisce con la creazione di un Gabinetto di Fisica Sperimentale che viene incrementato negli anni con apparati sempre aggiornati rispetto alla ricerca del periodo e alla didattica. Dalla sua creazione, sino ai giorni nostri, il Gabinetto di Fisica è rimasto all’interno dello stesso edificio e questa è una situazione abbastanza particolare nel nostro panorama scolastico, favorendo così la conservazione di molti apparati, anche piuttosto singolari o rari, che oggi faticano a trovare una loro valorizzazione.
Il presente intervento mira a ricostruire, a partire da una lettera dell’astronomo ferrarese Giovanni Battista Riccioli al gesuita Luigi Antinori, gli scambi di know-how e di strumenti che si verificarono tra lo spazio intellettuale bolognese e quello fiorentino negli anni della rete medicea, il primo network meteorologico europeo, fondato dal granduca Ferdinando II de’ Medici sul finire del 1654, periodo cruciale dello sperimentalismo in Toscana. Le parole di Riccioli sono infatti illuminanti per comprendere le diverse possibilità di utilizzo di alcuni strumenti fisici quali i termometri, che appaiono in questo case study inter-convertibili per riprove sperimentali di altro tipo, quale quella sull’esistenza o meno di pori sulla superficie del vetro. Si analizzeranno quindi aspetti meno noti della rete venutasi a creare per volere del granduca, con particolare riferimento al dialogo tra strumenti fisici, i termometri, appunto, e concettuali, le tabelle, utilizzate per mettere a sistema e trasmettere i dati raccolti dalle rilevazioni. Si cercherà infine di evidenziare la dimensione transnazionale delle repliche sperimentali e delle influenze intellettuali qui prese in considerazione, che si diffusero fino a Parigi, Londra e all’Olanda, spaziando dalla termologia alle osservazioni del pianeta Saturno, di lì a poco al centro di una delle più celebri dispute in materia di astronomia.
Nel corso dei suoi 10 anni di attività, l’Accademia del Cimento - la prima Accademia europea a porre lo sperimentalismo al centro dell'attività scientifica - svolse un ampio programma sperimentale. Quasi un migliaio di esperimenti furono eseguiti fra il 1657 e il 1667, anche in consonanza con le ricerche filosofico-naturali europee del tempo, nei seguenti ambiti: pneumatica, termologia/meteorologia, chimica/alchimia, altri rami di fisica (elettrostatica e magnetismo, dinamica, moto dei fluidi, ottica e acustica), scienze naturali/ambientali e astronomia. La sperimentazione Fiorentina alla corte medicea vide un grande dispiego di energie in termini di tempo e investimenti: un ruolo fondamentale giocarono l’ideazione, la costruzione e l’uso di strumenti e apparati scientifici. Attraverso lo studio di alcune lettere e Diari manoscritti dell’Accademia conservati alla Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze (BNCF), il presente intervento si propone di analizzare l’acustica sperimentale del Cimento e degli anni precedenti alla sua apertura. In particolare, verranno introdotti gli esperimenti sulla propagazione del suono in aria e la stima della velocità in 1 miglio toscano in 5 secondi (convertibile in 361 metri al secondo), ottenuta a Firenze il 10 ottobre 1656. La misura, di grande rilievo, venne inserita nella pubblicazione dei Saggi di Naturali Esperienze (1667), unica opera ufficiale riconducibile al Cimento. Sottolineando l’impiego di tecniche e strumenti scientifici, verrà mostrato l’ingegno degli sperimentatori nella scelta di servirsi di colpi d’artiglieria e nella ricerca di “conseguenze curiosissime ed utilissime”, ovvero un’applicazione pratica della velocità del suono: il calcolo delle distanze fisiche.